-Prologo-

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n9p
00venerdì 30 aprile 2004 14:26
-Prologo-

L’accendino zippo dato in dotazione a tutti i militari non vuole decidersi ad accendersi, in quella sotto specie di buca nel terreno che comunemente viene chiamata trincea gli odori vengono amplificati a dismisura dalla mente sotto pressione, voleva assolutamente fumare, se ne stavano trincerati da giorni ormai mentre sulle loro teste fischiavano i proiettili nemici, erano rimasti in dodici di quel plotone e attendevano l’ordine di uscire da quel buco per andare alla carica dei “nemici della democrazia”, lo zippo s’accese e una fievole fiammella accese una storta e umida sigaretta, il soldato che voleva fumare aspirò lentamente gustandosi ogni decimo di secondo di nicotina, sia il soldato che gli altri suoi commilitoni erano appoggiati con nonchalance alle pareti fangose della trincea, stavano dando le spalle al nemico, brusii quasi assordanti per il silenzio irreale che si era creato si susseguivano veloci tra le orecchie dei soldati, nessuno prestava molta attenzione alle parole in sé ma al singolo contenuto di quelle chiacchiere portavano al suo interno, tutti i discorsi chi più chi meno erano incentrati su un singolarissimo argomento: il roboante discorso di un sergente, il discorso che tutto il plotone aveva ascoltato poco prima di partire per il fronte e prima di essere trincerati in quella via formata da fango e terra il sergente annunciava di quanto erano coraggiosi i soldati che partivano per il fronte e di quanto la terra natia era orgogliosa di loro e lunghissimi bla bla bla sull’onore.
Quel discorso ora che il plotone era in trincea suonava come una barzelletta datata… lo sparuto gruppo di soldati che ora formava quel plotone bestemmiava contro il sergente, ogni microscopico problema che si creava nella trincea era colpa del sergente, anche la pioggia che gli aveva tormentati per giorni con piccole pause di qualche ora tra una piovuta e l’altra (agli occhi dei soldati era sicuramente colpa del sergente poiché era stato lui a decidere la destinazione del plotone!).
È bruttissimo sentire ogni singolo atomo del proprio corpo che ti urla che ciò che stai facendo è sbagliato, dopo un miracoloso giorno di pausa dalla pioggia il cielo ricomincia a piangere lacrime gelate sulle teste e sul corpo dei soldati, la pioggia entra ovunque, ti gela le ossa, ti fa sentire le rane nelle scarpe, il cic cac dei piedi che si muovono nelle calze e si bestemmia, tutti e dodici i soldati attendono chi più chi meno l’ordine d’attaccare, tutti sanno che molto presto dovranno uscire dalla loro trincea e sferrare l’attacco che potrebbe drasticamente ridurre le schiere dei soldati, a parte un soldato che ha le battaglie nelle vene e attende trepidante l’ordine come un bambino che aspetta l’arrivo di babbo natale a natale gli altri soldati hanno paura di crepare come cani, tutti sanno che quell’operazione è la tipica operazione suicida, hanno la tipica paura che blocca gli arti e che fa lavorare troppo una parte della mente paranoica, molti hanno persone care che attendono il loro ritorno dal fronte uno soltanto non ha nessuno a parte il suo fucile ben oliato e perennemente carico, arrivano i dispacci dal sergente, bisogna attaccare ma non subito solamente quando arriverà la notte i dodici soldati dovranno attaccare la trincea nemica e uccidere più “nemici della democrazia” possibili, per loro fortuna è ancora pomeriggio… la maggior parte dei soldati sta scrivendo lettere malinconica ai loro cari, uno olia per l’ennesima volta il suo fucile, gli altri invece o fumano come turchi a causa del nervosismo o piangono come fontane per lo stesso motivo, le ore passano velocemente e arriva la fantomatica ora X, i soldati si preparano ed escono silenziosamente dalla loro trincea, purtroppo per loro i “nemici della democrazia” erano venuti a conoscenza dei loro piani e non si fanno trovare impreparati!
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