Tra i nostri diritti…l'oblio.

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cicolex
00venerdì 17 giugno 2005 10:15
Con una decisione il Garante Privacy detta nuove regole con una decisione "pilota" che avvia una nuova complessa riflessione tra trasparenza e oblio alla luce delle diverse opportunità offerte da internet.
Il fatto si riferisce ad un operatore pubblicitario che aveva ricevuto due sanzioni amministrative risalenti nel tempo a tre e sette anni prima: il ricorrente non contestava né le sanzioni né il fatto che l'Ente pubblico competente pubblicasse doverosamente i provvedimenti sul proprio sito istituzionale, bensì lamentava che i provvedimenti stessi fossero reperibili indiscriminatamente in internet da chiunque volesse entrare in contatto con la sua ditta di appartenenza.
L'Ente pubblico in questione ha fatto presenti i propri obblighi a pubblicizzare le decisioni adottate nel proprio Bollettino Ufficiale e sul sito, rappresentando l'interesse pubblico alla piena conoscibilità, anche nel tempo, delle sue decisioni, ma ha anche dato, molto correttamente, immediata disponibilità a ricercare gli opportuni accorgimenti per venire incontro alle legittime rimostranze del ricorrente.
Il Garante ha disposto, dunque, " che l'ente pubblico continui a pubblicare sul proprio sito le proprie decisioni, anche a distanza di tempo, predisponendo però nell'ambito del proprio sito web, entro un trimestre, una sezione per i vecchi provvedimenti consultabile da tutti tramite il sito, ma attraverso l'indirizzo dell'ente, anziché mediante una domanda a tappeto tramite i motori esterni di ricerca. Entro lo stesso termine, l'ente individuerà altresì il periodo temporale, proporzionato al raggiungimento delle proprie finalità durante il quale i propri provvedimenti saranno liberamente reperibili in internet anche tramite motori di ricerca".
Dunque un piccolo problema risolto ma che si inserisce in una più ampia riflessione su quello che ormai viene definito "diritto all'oblio" e che, con la diffusione di strumenti elettronici di conoscenza sempre più sofisticati e globali rischia di essere messo in serio pericolo.
Si tratta della concreta applicazione di una parte dell'art. 7 del nuovo Codice della Privacy che prevede per chiunque il diritto "…alla cancellazione, trasformazione in forma anonima o blocco dei dati …compresi quelli di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati".
Il problema è ormai dibattuto ai più alti livelli tra le Autorità competenti: nel corso della XXVI Conferenza internazionale dei Garanti per la protezione dei dati personali di Wroclaw (2004) i rappresentanti italiani lo hanno affrontato: Mauro Paissan "ha sottolineato come lo sviluppo tecnologico apra problematiche inedite nel settore giornalistico che richiedono l'elaborazione di un'apposita normativa: il web, per esempio, dà la possibilità di divulgare dati che possono essere difficilmente eliminati. Nel caso di false notizie esse raramente vengono cancellate ed è sufficiente un motore di ricerca per riportarle alla luce, tanto che si è giunti a parlare di fine del 'diritto all'oblio' ". E Stefano Rodotà, nelle sue conclusioni, osservando come il diritto alla privacy sia ormai "strumento indispensabile per contrastare le spinte verso una società della classificazione, della sorveglianza, della selezione sociale" , indica, tra i problemi da segnalare in particolare, quello delle "lunghe conservazioni dei dati che rendono ciascuno di noi 'prigioniero' del proprio passato e dei controllori delle grandi banche dati".
Dunque, il diritto alla privacy si viene articolando nelle sue moltissime sfaccettature ed emerge in tutti gli ambiti dell'organizzazione sociale comprese, ultimamente, le norme sul c.d. "processo civile telematico" (approvate con d.m. 14 ottobre 2004) sul cui schema il Ministero della Giustizia aveva chiesto un parere al Garante. L'Autorità aveva "richiesto un rafforzamento delle misure di sicurezza e l'individuazione di specifici e congrui termini di conservazione dei dati in ragione del tempo necessario a raggiungere gli scopi per i quali essi sono stati raccolti". Lamenta il Garante che il decreto "ha tuttavia recepito solo in minima parte le indicazioni..."
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