Carlo Cipolla è noto al grande pubblico per quel capolavoro di satira umana e sociale (ma così “scientificamente esatto” nel descrivere l’umana gente) che è “Allegro ma non troppo”, il volumetto che contiene le Regole fondamentali della stupidità umana. Ma Cipolla è stato anche, e soprattutto, uno dei più acuti studiosi di storia economica. I suoi libri divulgativi sono ammirevoli per la chiarezza e profondità di analisi unite alla mirabile capacità di sintesi che ne rende gli scritti delle vere e proprie affabulazioni sotto forma di lezioni esaustive. O ancora meglio: delle accurate lezioni che non mancano mai di affascinare e coinvolgere.
Questo breve classico, che nella sua redazione originale risale ormai a cinquant’anni fa, e il cui titolo mal traduce quello più preciso dell’originale scritto direttamente in inglese ("The Economic History of World Population"), non si discosta da quanto dico. E’ anzi uno dei risultati più felici dell’autore, e non esito a definirlo una lettura che andrebbe fatta da tutti, e meditata. Riesce in non molto più di un centinaio di pagine ad esaminare e spiegare con la massima nitidezza la storia delle popolazioni umane in relazione ai due eventi epocali della Rivoluzione Agricola del Neolitico e poi della più recente industrializzazione. E se in questo lavoro di analisi egli dispiega un’accuratezza scientifica limpida e quasi asettica, laddove esce dalla riflessione e dall’analisi storiche per addentrarsi nelle prospettive di quella globalizzazione (qui senza ancora il nome, ma già presente in tutto il suo portato nella fotografia e nella proiezione che Cipolla ne dà) che stava ampiamente dispiegando i suoi effetti in tutta la loro evidenza, lo fa attraverso il filtro di una vera e propria consapevolezza illuminista, avendo ben chiari i vantaggi e i pericoli insiti negli sviluppi della modernità. E ancor più i limiti – culturali, sociali, psicologici e biologici – che l’umanità deve necessariamente superare per appropriarsi dei vantaggi potenziali e allontanare i pericoli di uno sviluppo scriteriato – quello sotto i nostri occhi adesso. Il sesto e conclusivo capitolo del volume è una riflessione di civiltà tra le più notevoli che abbia mai letto. Rispetto a cinquant’anni or sono la situazione è molto peggiore, ma forse saremmo ancora in tempo a evitare la catastrofe collettiva; se solo fossimo in grado di superare le angustie del nostro retaggio: la psicologia a un tempo di predatori a cui ormai non resta da predare che il pianeta che ci sostenta e la specie di cui facciamo parte e a cui stiamo sottraendo il futuro; e d’altro canto l’istinto di appartenenza al gregge, che ci fa seguire qualunque stupida idea venga affermata da qualcuno con la voce abbastanza grossa.
V.