Come Dio comanda (Gabriele Salvatores, 2008)

gippu
00giovedì 18 dicembre 2008 01:45
In una landa desolata da qualche parte nel Friuli vivono in simbiosi Rino Zena e suo figlio, l’adolescente Cristiano; insieme accudiscono Quattro Formaggi, diventato mezzo matto dopo essere stato colpito da una scarica elettrica.
Dall’omonimo romanzo (2006) di Niccolò Ammaniti, che per Salvatores era già stato fonte d’ispirazione per il superbo “Io non ho paura”, decisamente il suo miglior lavoro degli ultimi 15 anni (e forse anche in assoluto). Il timore è proprio questo: che Salvatores sia stato in qualche modo obbligato a ricomporre un sodalizio che a conti fatti non aveva alcuna ragion d’essere; il risultato è un film profondamente infelice, girato con la mano sbagliata e apparentemente senza un briciolo di convinzione. Colpisce in negativo la sciatteria della sceneggiatura, la sua faciloneria nel drammatizzare gli eventi senza preoccuparsi di renderli verosimili (l’Ipod mono-canzone di Fabiana che suona sempre e dovunque “She’s the one”; l’autoradio del furgoncino scassato che prende benissimo in mezzo al bosco; il viaggio-monstre di Cristiano che per nascondere il corpo della ragazza parte alle otto di sera e arriva al mare all’alba. A piedi), la sbrigatività nello sciogliere i nodi puntando sulla “prodezza del singolo” (povero Elio Germano, costretto in un ruolo che più banale e stereotipato non si poteva). Ciò che funzionava sulle pagine del libro, tradotto in immagini si macchia di una pesantezza goffa e senza fondo che annoia ben prima di suscitare qualsivoglia emozione. Speriamo di sbagliarci, ma sembra il classico film fatto per soldi, per sfruttare l’onda lunga del precedente; così tornano i riferimenti alla natura selvaggia e sconfinata, ma senza quella spontaneità e quel lirismo da Nouvelle Vague. Seconda parte al limite del disastroso. Il 34enne Filippo Timi, gay dichiarato, si produce nell’apprezzabile sforzo di interpretare un nazista omofobo (sforzo sinceramente sovrumano che non ricordavamo dai tempi del Claudio Amendola laziale di “Caterina va in città”), uno dei personaggi più sgradevoli che si ricordino, si suppone rifiutato da molti altri attori; di viso assomiglia a Volonté, ma solo di viso.

Voto: 4,5
mattomarinaio
00domenica 11 gennaio 2009 14:12
cavolo... a me è piaciuto...

si, ok, quello che hai detto ci può stare, ma 4,5???
alla pari di fascisti su marte?? [SM=g27823]
gippu
00martedì 13 gennaio 2009 14:37
Re:
mattomarinaio, 11/01/2009 14.12:

cavolo... a me è piaciuto...

si, ok, quello che hai detto ci può stare [SM=g27823]



Beh, allora perchè ti è piaciuto?

mattomarinaio
00martedì 13 gennaio 2009 15:09
come hai detto tu, ci sono diverse imperfezioni (non so se hai fatto caso all'audio della pioggia scrosciante, è davvero indisponente), ma nonostante tutto il modo con cui è stato rappresentato il rapporto tra il padre e il figlio me le ha fatte perdonare. certo, non gli dò un 8, ma nemmeno un 7, però ammetterai che trovare nelle sale un film un po' più interessante durante il periodo natalizio è manna dal cielo.
gippu
00martedì 13 gennaio 2009 16:39
Re:
mattomarinaio, 13/01/2009 15.09:

come hai detto tu, ci sono diverse imperfezioni (non so se hai fatto caso all'audio della pioggia scrosciante, è davvero indisponente), ma nonostante tutto il modo con cui è stato rappresentato il rapporto tra il padre e il figlio me le ha fatte perdonare. certo, non gli dò un 8, ma nemmeno un 7, però ammetterai che trovare nelle sale un film un po' più interessante durante il periodo natalizio è manna dal cielo.



Coraggioso che sia uscito a Natale, in effetti. Mi chiedo chi gliel'abbia fatto fare, vista la storia così poco sdolcinata e natalizia.
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