DISCIPLINA DELLE INTERCETTAZIONI / GREVI: SACRIFICATO IL DIRITTO DI CRONACA?

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INES TABUSSO
00lunedì 7 agosto 2006 20:33



CORRIERE DELLA SERA
7 agosto 2006
Quei divieti non realistici
VITTORIO GREVI


Da tempo investita dalle polemiche, soprattutto a causa di certi innegabili abusi nella pubblicazione dei testi di conversazioni intercettate, la disciplina delle intercettazioni telefoniche e ambientali è oggi al centro del disegno di legge presentato dal ministro Mastella. Alla sua base vi è la prevista istituzione, presso ogni Procura, di un «archivio riservato» come luogo di custodia, tra l'altro, dei verbali e delle registrazioni delle conversazioni intercettate ritenute (dal pubblico ministero o dal giudice) prive di rilevanza, in quanto relative a persone o circostanze estranee alle indagini. Salva restando, peraltro, la facoltà dei difensori delle parti di prenderne conoscenza per una eventuale diversa valutazione, anche allo scopo di richiederne, se del caso, l'acquisizione al processo.
Viene in tal modo avviato a soluzione - grazie al recupero di un congegno normativo già a suo tempo proposto dal guardasigilli Flick, e più volte riproposto su queste colonne - il problema nascente dal rischio di una incontrollabile circolazione nelle carte processuali (ma anche al di fuori di esse) della documentazione di intercettazioni su temi non rilevanti rispetto alla vicenda giudiziaria. Poiché, infatti, tutti gli atti custoditi nel suddetto archivio riservato saranno coperti da segreto, a tutela della privacy, e posti sotto la sorveglianza del Procuratore della Repubblica, è verosimile che si riesca così a evitare in futuro lo scandalo della pubblicazione di conversazioni private per nulla ricollegabili alle indagini in corso.
È questa la principale novità del disegno di legge, attorno alla quale ruoterà - per differenza specifica di regime processuale - tutta l'ordinaria disciplina delle intercettazioni «rilevanti ai fini delle indagini», in particolare per quanto riguarda la loro acquisizione e la loro utilizzabilità nell'ambito del processo, ovvero nella fase delle indagini preliminari (sul punto viene dettata una precisa disposizione, colmando una lacuna del sistema). Entro tale cornice verranno inoltre introdotte varie modifiche dirette a razionalizzare, in chiave di maggior rigore, la disciplina dell'autorizzazione, da parte del giudice, e del concreto svolgimento delle operazioni di intercettazione, nonché della loro trascrizione (andranno per esempio eliminati, almeno di regola, i nomi dei soggetti non coinvolti nelle indagini); ma senza che ciò possa recare pregiudizio all'efficienza di un mezzo tanto prezioso per l'attività investigativa. Anche per quanto riguarda la possibilità di proroga del decreto autorizzativo oltre il limite dei tre mesi (non operante nei procedimenti di criminalità organizzata), è stato ragionevolmente previsto che tale proroga possa basarsi sulle stesse risultanze delle intercettazioni già eseguite.
Una volta obiettivamente definito l'ambito degli atti di intercettazione coperti da segreto (quelli custoditi nell'archivio riservato, oltre che, in ogni caso, tutti quelli non ancora portati a conoscenza dell'indagato), era lecito attendersi che, al di fuori di quell'ambito, almeno del loro contenuto venisse consentita la pubblicazione. Così non è, invece, in quanto il disegno di legge stabilisce un generale divieto di pubblicazione di tali atti «anche se non più coperti da segreto» fino alla conclusione delle indagini (le quali possono durare fino a due anni), e analogo divieto si estende addirittura a tutti i diversi atti ricompresi «nel fascicolo del pubblico ministero o delle investigazioni difensive». Senonché si tratta di divieti non realistici nella loro eccessiva ampiezza, i quali suscitano altresì gravi perplessità in rapporto all'esercizio del diritto di cronaca, che non può essere sacrificato al di là delle esigenze di garanzia della privacy e di segretezza delle indagini. Come pure suscita perplessità il sistema delle sanzioni previste, in simili ipotesi, esclusivamente a carico dei giornalisti. Ma, su quest'ultimo punto, occorrerà necessariamente tornare.




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