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INES TABUSSO
00domenica 28 agosto 2005 09:11

IL SOLE 24 ORE
27 agosto 2005

La relazione al cicr
Fazio: «Rispettate con rigore le norme e i poteri dello Stato»
La replica di Siniscalco: resta il problema di credibilità del Paese. Il
nostro speciale
www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&artId=703270&chId=30&artType=Articolo...
Massima «correttezza dei provvedimenti e dei comportamenti». Opa su Antonveneta
«sostenibile» da parte della Banca popolare italiana, come ha riconosciuto
anche il Tar del Lazio il 19 luglio. E con la Consob un rapporto di costante
collaborazione.
È stata a tutto campo l'autodifesa del Governatore della Banca d'Italia Antonio
Fazio nel corso della relazione (tre ore, 25 cartelle) al Comitato interministeriale
per il credito e il risparmio, davanti al ministro dell'Economia, Domenico
Siniscalco, presenti i ministri delle Politiche agricole Alemanno (An), delle
Attività produttive Scajola (Forza Italia), delle Politiche comunitarie Giorgio
La Malfa (Pri), delle Infrastrutture Lunardi, membri di diritto, e il ministro
della Giustizia, Castelli (Lega Nord) invitato per l'occasione.
Verità, quelle del Governatore, che tendono a smontare pezzo per pezzo l'impianto
di accuse e sospetti nei confronti del suo operato degli ultimi mesi, nel
quadro della controversa vicenda delle Opa bancarie su Antonveneta e Banca
nazionale del Lavoro. Veleni basati soprattutto sulle intercettazioni telefoniche
delle conversazioni tra Fazio e l'ex ad di Bpi, Gianpiero Fiorani.




la Repubblica
27 agosto 2005
IL RETROSCENA
La solitudine del Tesoro
ALBERTO STATERA

IL RETROSCENA
Il ministro del Tesoro è stato l´unico a incalzare Fazio durante la riunione.
"Le regole di Bankitalia sono superate, vanno cambiate"
"Io e loro,due diverse visioni del mondo"
La solitudine di Siniscalco: nessun aut aut, ma alla fine trarrò le conclusioni
"Il numero uno di via Nazionale non vuole la riforma e neanche l´autoriforma"
Contro le 24 cartelle del banchiere 167 articoli esteri che dileggiano l´Italia
"È stato fatto un grandissimo danno al sistema economico del nostro Paese"
Nessuno tra i presenti ha però chiesto conto delle telefonate notturne con
Fiorani

Donato Menichella, quarto governatore della Banca d´Italia, dopo Bonaldo
Stringher, Vincenzo Azzolini e Luigi Einaudi, non poteva soffrire i telefoni,
tanto che ritardò la realizzazione della rete nazionale voluta dalla Stet,
in omaggio a una visione conservatrice della struttura sociale, simile a
quella di De Gaulle in Francia. A chi serve il telefono se non al medico
condotto? Il tardo successore di Palazzo Koch Antonio Fazio e i suoi cari,
nel Paese ormai più telefonico e tra i più intercettati al mondo, hanno ravvivato
le accaldate cronache finanziarie agostane con l´impagabile affresco di costume
etico-istituzionale del nostro paese offerto da cascate di intercettazioni
telefoniche lessicalmente impagabili, degne del prossimo film che Nanni Moretti
potrebbe intitolare "Il banchiere bacia in fronte" o "I furbetti del quartierino".
Espressioni che il Financial Times e la stampa finanziaria internazionale
hanno cercato di tradurre in inglese con straordinario effetto grottesco.
Ma di quelle telefonate non si è fatta parola nella riunione del Comitato
del Credito e il Risparmio che ieri, dopo qualche mese di serena indifferenza,
ha affrontato in una riunione di stampo brezneviano, salvo qualche serio
spunto di critica come quello del ministro dell´Economia Domenico Siniscalco,
una delle più acute crisis history della finanza italiana e della sua principale
istituzione. Perché mai si sarebbe dovuto parlare delle conversazioni notturne
sugli affari d´istituto tra il controllato e l´autorità vigilante? «La correttezza
dei provvedimenti e dei comportamenti non può che derivare dalla loro conformità
alla legge. Ciò che fuoriesce da questo ambito (le intercettazioni telefoniche
? ndr) non attiene ai fattori da prendere in esame... », ha scandito Antonio
Fazio. Parola di re.

E smentita di fatto dall´indimenticata dichiarazione circa la sua vita cristiana
guidata dalla parresia, il termine greco usato dal beniamino del governatore
San Tommaso d´Aquino, che significa «parlar chiaro, senza secondi fini» e
che per Foucault è elemento costitutivo delle democrazie. Era forse parresia,
per dirne una, l´acquisto di schede telefoniche segrete, quando la famiglia
Fazio fu informata delle intercettazioni, che serviranno alla magistratura
per capire se veramente la Banca d´Italia ha operato in «conformità alla
legge»? Ma il telefono, forse in omaggio a Menichella, non è mai stato citato
nelle due interminabili ore di relazione governatoriale, un documento da
legulei, irto di frasi in un oscuro burocratese, letto con la lenta e soporifera
cadenza ciociara. Con precisazioni che suonano grottesche.
Pensate: una delle prove del fatto che il governatore non ha parteggiato
per il suo amico Gianpiero Fiorani, il piccolo e disinvolto banchiere di
Lodi con progetti imperiali, sarebbe nel fatto che l´istruttoria sulla Bpi
è durata ben 80 giorni, quella su Abn Amro, solo 52. Una prova d´imparzialità
di Bankitalia, o della velleitarietà del progetto di Fiorani? E le consulenze
esterne dissonanti rispetto a quelle dei funzionari della Vigilanza? Necessari
«apporti professionali integrativi», secondo il governatore. Ma non abitavano
a Palazzo Koch i migliori cervelli in materia bancaria, l´élite impareggiabile
della migliore e più credibile tecnostruttura, come si diceva una volta,
di tutto il Paese? Più probabilmente, come emerge da tutta la vicenda e dalle
voci che ormai fuggono da Palazzo Koch, che una volta era una roccaforte
a tenuta stagna, il pio Fazio pensa e opera come dichiarava di fare Montagu
Norman, un antico governatore della Banca d´Inghilterra: «Prima prendo una
decisione, poi chiamo qualcuno e gli chiedo di giustificare la mia scelta
con raffinate analisi». Ma non come più recentemente ha fatto il presidente
della Bundesbank Ernst Welteke, che si è dimesso quando si è saputo di un
suo week end a Berlino a spese di una banca, in occasione della nascita dell´euro.
L´«operazione verità» annunciata dal portavoce politico del governatore,
Luigi Grillo, non poteva essere soporiferamente più reticente di come è stata.
Sopire, placare, minimizzare, come avvenne ai tempi dei crack Cirio e Parmalat,
quando in piena bufera i risparmiatori minacciavano l´assalto alle banche,
ma per il governatore, in fondo, era successo quasi niente, minuzie, pinzillacchere,
rispetto al grande disegno della quarta via del capitalismo: un po´ di solidarismo,
un pizzico di spirito protestante, una magnifica cura antico - cristiana.
Esattamente l´effetto - oppio voluto ieri e già annunciato dall´entourage
fedele al governatore, che di giorno in giorno si va assottigliando dentro
e fuori Palazzo Koch. E concordato giovedì, nella quiete del Convento dei
Padri minori di San Francesco di Paola con Giorgio La Malfa, ex grande laico
antifazista che, diventato ministro, sembra adesso trovarsi a suo agio nelle
sacrestie frequentate dall´ex nemico cultore dall´Aquinate e della "Summa
Teologica". Prostrati dalle due ore di litania, nessuno dei ministri presenti
si è sentito di chiedere al governatore: «Dottor Fazio, dialogare di notte
amichevolmente con un banchiere di cui lei deve giudicare l´Opa non fa sorgere
un conflitto d´interessi?». Oppure: «Signor governatore, non crede di aver
violato le regole del segreto d´ufficio?». O, se vogliamo: «Egregio signore,
lei non sapeva che la scalata di Fiorani era in corso già da novembre tra
mille gabole? E non sapeva neanche quello che capitava nelle Isole Cayman
e in Svizzera?».
Qualcuno avrebbe potuto anche avere qualche piccola curiosità sulle scorrerie
dei Ricucci e magari, se preparato, citare Maffeo Pantaleoni o, per l´appunto,
Menichella che, pur nemico dei telefoni, aveva ben chiaro che i nostri capitalisti
«usano gli utili per comprare le banche e mettere le mani sui soldi dei depositanti,
soldi che usano per sostenere i prezzi delle proprie azioni».
Solo il ministro Siniscalco, di fronte alle ventiquattro cartelle governatoriali,
ha estratto un ben più cospicuo dossier: 167 (diconsi centosessantasette)
articoli del Financial Times, con indice, tutti, senza esclusione, dileggianti
alla reputazione del nostro Paese. Articoli che hanno fatto da contrappunto
alle rudezze verso l´Italia di Standard & Poor, della Bce, dell´Unione europea,
della business community, degli altri governatori europei. Una rassegna stampa
internazionale contro un arido registro da leguleio di vere o presunte legittimità.
Ma siamo di fronte a un problema di vera o presunta legittimità? O piuttosto,
come dice Siniscalco, «a una questione di generalizzato discredito internazionale,
a una sfiducia nel Paese, che non consentirà chissà per quanto tempo di portare
in Italia un euro o un dollaro di investimenti stranieri?». Se il governatore
ha effettivamente rispettato le regole e, pur rispettandole, ha fatto quella
che il ministro considera «una frittata di dimensioni abnormi in termini
di prestigio e di credibilità del nostro sistema, allora vuol dire che quelle
regole così puntigliosamente invocate non funzionano, sono sbagliate, o sono
superate. E allora vanno cambiate». Ma il ciociaro di Alvito, come spesso
i suoi conterranei, è irremovibile: non solo non vuole essere riformato,
non vuole neanche autoriformarsi. «Due modi opposti di vedere il mondo»,
dicono che abbia sussurrato scuotendo la testa il ministro dell´Economia,
di fronte alla caparbietà nel negare, con la presunta legittimità, «il danno
che i comportamenti del governatore hanno portato alla Banca d´Italia e alla
credibilità intera del Paese».
Sarà Siniscalco, con la sua «diversa visione del mondo», tra l´ostilità del
governo quasi tutto filofazista, a cominciare dai ministri leghisti che hanno
visto salvata dal crack la loro banchetta, e nonostante le caute aperture
di Forza Italia e di An sul mandato a termine, ad andare sulla graticola
al prossimo Consiglio dei ministri, all´insegna del "Fazio che strazio",
secondo il calembour coniato da Bruno Tabacci, l´unico vero antifazista della
prima ora. Uno strazio che, date le premesse, durerà a lungo, come ieri sera
ha confermato Berlusconi in persona, irridendo al dossier - stampa di Siniscalco:
«La credibilità del Paese non si misura solo sulla base dei giudizi della
stampa». E le richieste della «sinistra» di dimissioni del governatore sono
inopportune.
Perciò la sala di dorata di Palazzo Koch, dove i governatori danno l´addio
al direttorio quando lasciano l´incarico, pare che per il momento non vedrà
la commozione del pio banchiere di Alvito e degli ultimi suoi fedeli. Non
ci pensa affatto, nonostante tutto, a rispettare l´aurea massima di Sprawl,
un vecchio governatore della Federal reserve di New York: un banchiere centrale
non può durare più di dieci anni, se no diventerà un governatore di errori.
Berlusconi gli dà una mano, con un contentino freddo freddo a Siniscalco,
divisando, bontà sua, che «è giunto il momento che la politica e il parlamento
lavorino per stabilire nuove regole che diano maggiore fiducia a investitori
e mercati».
Chissà allora se il 31 maggio del 2006, magari con un governo di centrosinistra
già in carica, ascolteremo le quattordicesime "Considerazioni finali" di
Antonio Fazio.
Molto prima potremmo vedere però l´ennesimo trasloco dal Palazzo umbertino
di via XX Settembre, sede del Tesoro, se il 2 settembre in Consiglio dei
ministri Siniscalco sarà sbeffeggiato sulla linea di oggi al Cicr. Il ministro
spiega che non vuole porre «aut aut». Ma qualcuno ieri l´ha sentito dire:
«Allora, o io o loro. Alla fine di tutta la storia trarrò le mie conclusioni».
Chissà se le parole di Berlusconi lo rassicurano.



27/08/2005 - "IL SOLE 24 ORE", Pag. 1
RISPOSTE NON DATE
di: MARCO ONADO
www.difesa.it/files/rassegnastampa/050827/8BEBL.pdf

dello stesso autore, per approfondire, vedi anche:
www.lavoce.info/news/view.php?id=&cms_pk=1275
www.lavoce.info/news/view.php?id=&cms_pk=1684
www.lavoce.info/news/view.php?id=&cms_pk=1695



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