I COMMENTI DEGLI STRANIERI (IN ITALIANO)

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INES TABUSSO
00giovedì 13 aprile 2006 00:10
CORRIERE DELLA SERA
12 aprile 2006


Die Zeit
Arrivederci Silvio grande piazzista della politica
di MATTHIAS NASS

Che tensione! E che vantaggio risicato! Un vantaggio risicato, ma un immenso sollievo. Almeno per la maggior parte dei cittadini tedeschi. Ci sentiamo semplicemente entusiasti della scelta fatta dagli italiani. Infatti, se gli italiani avessero conferito un altro mandato a Silvio Berlusconi, oggi faremmo i conti con una crisi politica non soltanto in Italia, ma in tutta Europa. L’addio dell’Italia al venditore Berlusconi rappresenta la speranza che l’Europa sappia dire «no» ad alcune cose. Il mondo della politica e quello degli affari non sono ancora fusi in un indistinguibile mercato dei compromessi, di compravendita di favori. Sono i parlamentari ad avere l’ultima parola sulle questioni di pubblico interesse, non la televisione-spettacolo.
Questo, almeno, è il nostro auspicio, dopo questa lunga, tesa notte elettorale italiana. Insieme alla speranza che il Paese non resterà spaccato in due campi ugualmente forti e ostili, che lo paralizzerebbero sia politicamente che economicamente. Romano Prodi ha promesso di unire un Paese diviso. Data la situazione attuale, può riuscirci solo se Berlusconi giocherà la sua parte in modo razionale e responsabile.
L'Europa ha bisogno di un'Italia che sia una democrazia moderna, liberale e prospera. Noi, da vicini del vostro Paese, siamo sempre stati fieri dello straordinario patrimonio culturale entrato a far parte della famiglia europea. E, oggi, vogliamo tornare a essere fieri anche della sua cultura politica.
Vicedirettore di Die Zeit
(Trad. E. Del Sero)



Brookings Institution
Tra Bush e Prodi lo scoglio sarà l’Europa
di PHILIP H. GORDON
È ragionevole dire che alla Casa Bianca non si è stappato lo champagne quando i risultati delle elezioni italiane hanno cominciato a essere chiari. Per molti anni l’amministrazione Bush ha cercato di confutare la tesi secondo cui i leader che hanno uno stretto legame con il presidente americano pagano un prezzo elettorale per questa amicizia. Così Bush sperava nella vittoria di Berlusconi, ma la speranza di ribadire la sua posizione è svanita. L’affinità che Bush aveva con Berlusconi non è stata solo personale, ma anche filosofica e politica. Bush lo ha apprezzato perché era uno schietto comunicatore, un atlantista convinto, un sostenitore della riduzione delle tasse e un fedele alleato nelle operazioni in Iraq mentre vede Prodi come un intellettuale di sinistra vecchio stile, fan del federalismo europeo. Prodi ha detto chiaramente che in politica estera avrà come priorità l’Europa. Secondo lui deve essere Bruxelles il partner di Washington, non i singoli Paesi membri della Ue. E questa non è certo la posizione americana. Né d’altronde ispira molto entusiasmo la coalizione con i comunisti e i Verdi o la richiesta di ritirare le truppe dall’Iraq e di costruire un mondo multipolare.
Quando José-Maria Aznar fu sconfitto dalla sinistra spagnola due anni fa, l’effetto fu un grande freddo che calò nelle relazioni tra Stati Uniti e Spagna e che non è ancora terminato. Il risultato delle elezioni italiane non porterà necessariamente alle stesse conseguenze, anche perché il nuovo atteggiamento diplomatico assunto da Bush nel secondo mandato dovrebbe evitare il peggio. Ma certamente le relazioni di Prodi con Bush non saranno facili.
Senior Fellow della Brookings Institution, Centro di studi sui rapporti tra Stati Uniti ed Europa




Georgetown University
Il nuovo referendum Washington-Bruxelles
di CHARLES KUPCHAN
L a vittoria di Romano Prodi segna un momento di transizione nella vita politica dell'Italia e dell'Europa. In questi ultimi anni, si è assistito a un'ascesa del populismo e del nazionalismo negli Usa e in alcuni Paesi Ue. Globalizzazione, immigrazione, la diffusa percezione - tra i cittadini - della progressiva perdita di controllo sul proprio destino: sono questi gli ingredienti principali del successo, in Occidente, di politiche più nazionaliste e isolazioniste. La vittoria di Prodi, pur risicata, suggerisce una probabile opposizione a quest’ondata di populismo. Forse Berlusconi si è spinto troppo oltre, adottando posizioni e abbracciando una retorica rivelatesi fatali per la sua credibilità tra i centristi. Qualunque ne sia la ragione, la vittoria del centrosinistra offre un'importante occasione per far ripartire l'Italia e l'Europa. Il ruolo dell'Italia nel rilancio politico della Ue è cruciale. Il progetto dell'integrazione europea sta forse oggi attraversando la crisi più delicata dalla Seconda guerra mondiale. La rinazionalizzazione della vita politica è riscontrabile ovunque. Con il governo francese in tumulto, un Tony Blair sempre più debole, e un’Angela Merkel attenta alle riforme nazionali e all'Est, un governo guidato da Prodi può prendere in mano le redini della ricostruzione della vitalità e della visione dell'Unione Europea. Per raggiungere questo obiettivo non occorre - né si deve - ledere i legami tra Roma e Washington. Anzi, un'Ue che prosperi restando fedele ai principi dell'atlantismo è l'ovvia via da percorrere. Alla luce dell'importanza, in Europa, della voce dell'Italia, della sua amicizia di vecchia data con l'America, e della esperienza di Prodi come leader europeo, il nuovo governo ben si presta a questo compito.
Professore di relazioni internazionali
(Traduzione di Enrico Del Sero)




Washington Post
Italia e America
tutte e due spaccate a metà
di E.J. DIONNE
S embra che gli italiani e gli americani stiano sperimentando la stessa politica caratterizzata da una spaccatura simmetrica, che stiano vivendo la stessa polarizzazione. Due Paesi che in genere si comportano con una certa «moderazione» sono profondamente divisi fra destra e sinistra, tra rossi e azzurri (anche se fra gli Stati Uniti e l’Italia il significato dei colori è rovesciato: in America i rossi sono i repubblicani, la destra, e gli azzurri i democratici, la sinistra).
La mia impressione è che la soluzione al problema della polarizzazione sarà la stessa che abbiamo adottato qui: servirà ancora qualche tornata elettorale nei due Paesi prima che i cittadini facciano una chiara scelta su quale direzione vogliano prendere. E in entrambi i casi, le fratture all’interno del Paese non si potranno risolvere fino al momento in cui le due figure fortemente polarizzanti - cioè gli amici George W. Bush e Silvio Berlusconi - non si ritireranno, tutt’e due, dalla scena.
Commentatore



The Daily Telegraph
Siamo tutti lontani, ora la Manica è più larga
di ANTON LA GUARDIA
L a verità è che in Europa siamo tutti più lontani. È passato il tempo in cui le elezioni politiche in un Paese vicino tenevano con il fiato sospeso. Oggi le grandi questioni sono l’Iran, l’Iraq, il ritiro delle truppe impegnate in missione. Sono stati gli ultimi giorni di campagna elettorale, i più cattivi, ad attrarre l’attenzione degli inglesi sulle sorti del Belpaese, conteso tra le due coalizioni guidate da Silvio Berlusconi e Romano Prodi, «caimano» contro «mortadella». Il primo impegnato a lanciare insulti e improperi, paragonarsi a Gesù e Napoleone Bonaparte, il secondo incapace di proporre un’energica alternativa al programma degli avversari. Come presidente della Commissione europea, Prodi non si è distinto per iniziativa e vigore. Chi ricorda oggi cos’è cambiato durante la sua gestione? Dall’altra parte, di Berlusconi c’è molto da ricordare. La bandana in compagnia di Tony Blair, le canzoni sulle navi da crociera, le leggi fatte a proprio uso e consumo: un amabile personaggio da opera buffa, privo di spessore politico, convinto di essere un grande amico di Bush. L’Italia è un Paese molto amato in Inghilterra ma beneficia ancora di un’immagine idealizzata. La vera differenza è che gli inglesi in pensione comprano la casa in Umbria o Toscana, mentre i giovani italiani attraversano la Manica in cerca di lavoro. I problemi sono profondi e di sicuro non interamente addebitabili agli ultimi cinque anni di governo. All’indomani delle elezioni la sensazione è che non si esca dalla paralisi e che l’Italia sia destinata a restare il malato d’Europa. Almeno formalmente, il principio dell’alternanza è stato rispettato. Chissà che non sia un inizio. Diplomatic Editor




El Mundo
Dopo la volata sei scenari preoccupanti
di FELIPE SAHAGÚN
I nfine Silvio Berlusconi ha parlato. Anziché chiarire la situazione, però, ha creato ulteriore confusione. Non ha riconosciuto i risultati né accettato la vittoria di Romano Prodi: «Nessuno può proclamarsi vincitore. Dobbiamo attendere. Credo che l’opposizione abbia cantato vittoria troppo presto». I principali analisti italiani definiscono frustrante, incerto, preoccupante, instabile e profondamente diviso, spaccato in due, il sistema uscito dalle elezioni. In caso di vittoria della coalizione di centro-sinistra guidata da Prodi è possibile immaginare almeno sei scenari per l’Italia, tutti negativi: un governo di centro-sinistra come pretende Prodi, uno scontro nei tribunali (un Florida bis), una soluzione affidata a un arbitro imparziale, la convocazione in tempi strettissimi di nuove elezioni, la formazione di una nuova maggioranza con partiti provenienti dalle due grandi coalizioni o un’uscita alla tedesca, un’altra grande intesa. In una democrazia legittima, la conclusione più appropriata sarebbe che il primo ministro uscente accettasse la sconfitta e consentisse agli italiani di recuperare, a fronte di tutti i gravi problemi del Paese, la normalità politica. Se si dovesse scegliere un arbitro, il migliore sarebbe senza dubbio il presidente Carlo Azeglio Ciampi, chiamato a nominare il nuovo primo ministro d’accordo con le nuove maggioranze. Chi lo conosce bene sa che, se dipendesse da lui, alla luce dei risultati già noti Ciampi preferirebbe che Prodi assumesse la guida del governo e affrontasse l’enorme incertezza determinata dai numeri e conseguenza della nuova legge elettorale.
Editorialista politico




Lo scrittore
I gol fuori casa della sinistra valgono doppio
di TIM PARKS
È incredibile quanto poco ci si sia scandalizzati in Italia per il cambio, in corsa, del sistema elettorale: non ricordo un caso del genere altrove in Europa. Ma la campagna della sinistra m’è sembrata da dilettanti: non era difficile battere Berlusconi, magari con un uomo nuovo, capace di prendere posizioni più moderne, incisive. Invece la sinistra di Prodi ha vinto per la differenza reti, per il gol segnato in trasferta dagli italiani all’estero che è valso doppio al Senato. A chi vi guarda da lontano può sembrare comico dare il voto a gente che non sa neppure chi sono i candidati. E non mi meraviglio che questa furbizia abbia finito per danneggiare chi l’ha escogitata, capita nella vita e in politica.
Quanto a Silvio Berlusconi, io non ce l’ho mai avuta contro di lui, anzi non ho simpatizzato con chi lo considerava tremendo: ma ora spero davvero che non lo vedremo più a capo del governo italiano, perché in questi ultimi mesi non è stato molto dignitoso. Tutti hanno capito che si accaniva a fare la rissa per difendere le sue vecchie posizione di rendita.
Docente allo IULM




Ifri
Dopo l’antipolitica c’è forse un ritorno alla normalità
di DOMINIQUE MOISI
D opo l’altalena dei voti e l’apparente risultato di pareggio, le elezioni italiane offrono sulle prime uno scenario di tipo tedesco: più che la sfida della Florida tra Bush e Gore, ricordano la vittoria di misura della Merkel e la nascita di un governo di grande coalizione in Germania. Se invece l’affermazione di Romano Prodi venisse confermata con certezza, la definirei una buona notizia, anche se è sorprendente che il centrosinistra non abbia vinto con maggiore nettezza, visto il bilancio molto negativo del precedente governo. La formazione di un esecutivo Prodi sarebbe una buona notizia per l’Italia ma anche per l’Europa: costituirebbe un ritorno alla normalità dopo la parentesi, un po’ barocca, dello stile «di rottura» di Berlusconi. L’Italia ha vocazione europea, non è un caso che Prodi abbia indicato la ripresa del processo di costruzione europea tra le priorità dei suoi cinque anni. L’«antipolitica» di Berlusconi, e il suo allontanarsi da Bruxelles in favore di un atlantismo incondizionato, sembrano avviati al termine, e l’Italia ritrova la fatica di cercare soluzioni vere ai problemi reali del Paese.
Resta il rammarico per una vittoria di misura, per una prestazione di Prodi largamente inferiore alle attese e alle speranze di molti. Nonostante la probabile vittoria sul filo di lana, il centrosinistra si è dimostrato incapace di convincere completamente l’elettorato italiano.
Vicedirettore dell’Ifri, Istituto francese di relazioni internazionali




Foreign Policy
Finita l’era delle vittorie valanga, si governa sul filo
di MOISÉS NAÍM
L’ Italia è un Paese molto bizzarro: peculiare in politica ma, al tempo stesso, e in un certo modo molto profondo, serio e normale. Caratteristica della normalità politica, nel mondo di oggi, è che i governi democraticamente eletti raramente ricevono un chiaro mandato della popolazione. Viviamo in un'epoca politica dove la valanga elettorale, il successo schiacciante di una parte, è morta. Se confrontate i margini di vittoria elettorale nel mondo, negli ultimi vent'anni scoprite che la frequenza di vittoria con grandi margini al candidato vincente sul secondo piazzato è declinata precipitosamente. Ovunque sta diventando molto difficile mettere insieme una maggioranza che permetta di governare in maniera autonoma, come invece era frequente nel passato. In questo senso, l'Italia ha confermato la tendenza dei Paesi occidentali spaccati in politica, dagli Stati Uniti alla Germania, tanto per fare i casi più celebri: non siete un'eccezione, siete in pieno nella regola diffusa. Ormai, differenti gruppi sociali, differenti regioni geografiche, differenti generazioni, con opposti interessi, valori e valutazioni, finiscono con il rompere in due o tre pezzi il sistema politico
Nei Paesi più fortunati, i leader riescono a formare coalizioni capaci di prendere le difficili decisioni che sono necessarie. Nell'epoca dei Paesi ad alto tasso di polarizzazione politica, invece, il governo finisce per paralizzarsi in un blocco, e la paralisi politica è - purtroppo - un lusso costosissimo.
Direttore di Foreign Policy





El País
Perché Romano non sarà lo Zapatero d’Italia
di JUAN LUIS CEBRIÁN
L a mia prima impressione è che è sempre magnifico notare come in una democrazia il popolo possa mandare a casa i governanti. Sarà perché sono nato quando non si poteva fare in Spagna, ma mi sorprendo sempre con piacere. Adesso è toccato agli italiani decidere di rimandare a casa Silvio Berlusconi e Forza Italia. Si apre una situazione politica difficile ma la democrazia funziona così. Ora l’Italia è divisa 50 a 50 e questo può impressionare qualcuno. Ma non siete certo soli. La Francia è spaccata a metà, come gli Stati Uniti, la Germania e la mia Spagna, il Portogallo. Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 la destra, in Europa come negli Usa, fa campagna con il partito della paura, prospettando come un incubo il nuovo, il cambiamento, le riforme. Governare è perciò difficile, ma non credo che la Grande Coalizione che Berlusconi sembra proporre, anche con la forza dei suoi giornali in queste ore, sia la soluzione. Il programma dell’Unione di Prodi e quello di Forza Italia sono diversi, opposti, e non li vedo conciliabili.
Resta il problema che Romano Prodi non mi appare come un leader fortissimo. È onesto, perbene, un onorevole tecnocrate, conosce l’Europa e i meccanismi dell’economia, ma non ha dimostrato finora la forza politica di Zapatero.
La sua chance è adesso giocare per voi italiani la carta europea, con l’esperienza che ha accumulato negli anni da presidente a Bruxelles. Dopo la sconfitta della Costituzione europea, Prodi può invertire la rotta imposta da Berlusconi, Chirac e Aznar che hanno portato alla panne attuale. Con Prodi l’Italia ritorna in Europa, ma il cammino sarà lungo.
Fondatore di El País




New York Times
Compromesso per l’interesse della nazione
di ROGER COHEN
L’ Italia non è mai stata un Paese facile da governare, oggi è solo un po’ più ingovernabile del solito. Romano Prodi reclama la vittoria e sarà probabilmente il prossimo premier. Silvio Berlusconi, convinto che la risurrezione sia uno dei suoi tanti talenti, non se ne andrà senza colpo ferire. Allora? «Il mondo ci guarda», ha scritto Eugenio Scalfari alla vigilia del voto. Un nonsenso! Il mondo guarda Cina, India, Iran e Iraq. Grande economia sempre meno competitiva, l’Italia non ha mai fatto valere il proprio peso sul fronte politico e diplomatico perché lo Stato e l’autorità centrale hanno sempre sollevato scetticismi. Con una maggioranza quanto mai risicata Prodi sarà sottoposto a dure pressioni. Prodi renderebbe l’Italia più presentabile sulla scena europea ma l’aspetto clownesco di Berlusconi non era privo di acume politico. L’aver fatto leva sui rancori di un’Italia preoccupata dall’immigrazione e stanca delle ambiguità del politichese si è dimostrato un passo accorto. Prodi, con il suo mormorare di un mondo multipolare, riceverebbe una fredda accoglienza da Bush, che non dimentica gli amici. Stretto dall’ala sinistra della sua Unione ma consapevole che un braccio di ferro con gli Stati Uniti non gioverebbe all’Italia, rischierebbe di trovarsi rapidamente paralizzato.
Oggi l’Italia ha bisogno di un compromesso nell’interesse nazionale. In una delle sue vacanze sull’isola d’Ischia, Angela Merkel potrebbe dare qualche consiglio sulle ampie intese nate da elezioni sul filo del rasoio. A ripensarci, meglio lasciarla alla sua vacanza. Senza ragione non c’è compromesso e la ragione non è mai stata il primo interesse di Berlusconi. Il potere sì. L’averlo perso, quando e se accetterà il risultato del voto, non sarà una bella scoperta.
Editorialista




Weekly Standard
Il nuovo governo
andrà alle corde sulla guerra in Iraq
di CHRISTOPHER CALDWELL
N on mi impressiona molto, al contrario di tanti amici italiani, il risultato sul filo di lana tra Prodi e Berlusconi. L’ho già visto negli Stati Uniti e so che ormai capita spesso a un leader uscente di incorrere nell’ira delle élites culturali che lo detestano. Né mi sorprende la débâcle dei sondaggi, perché penso al vecchio senatore americano Jesse Helms, un conservatore tutto d’un pezzo che i sondaggi davano sempre per battuto e che poi invece veniva puntualmente rieletto: tanti elettori si vergognavano di dire «Lo voto» ma lo votavano. Così con Berlusconi, che per anni in Italia è stato la salutare risposta alla crisi della politica. Non so se lascerà, so che si parla sia di riconteggio dei voti che di Grande Coalizione, ma a questo punto mi pare che il suo ruolo positivo si sia esaurito, penso che dovrebbe passare la mano. Senza Berlusconi, formazioni come la Rosa nel pugno potrebbero allearsi con la destra, indebolendo la sinistra. Quanto a Prodi lo vedo davvero come un uomo del passato, come se Bob Dole, lo sfidante di Clinton nel ’96, fosse oggi eletto in America. Non credo che Prodi allontanerà l’Italia dagli Stati Uniti, ma temo una deriva alla Zapatero nel centrosinistra. La retorica alla Zapatero ha punteggiato la vostra campagna elettorale e presto tenderà qualche imboscata al governo di sinistra. Prodi resisterà, magari anche rallentando il ritiro delle vostre truppe dall’Iraq, o negoziando un calendario scandito con lentezza. Ma alla fine la Casa delle libertà lo metterà alle corde sull’Iraq.
Senior Editor del Weekly Standard


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