IL LUNGO TRAVAGLIO DEL PARTITO DEMOCRATICO

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INES TABUSSO
00domenica 6 agosto 2006 00:03


10/08/2006 - "L' ESPRESSO", Pag. 52/55
PARTITO DEMOCRATICO O CRISI
Intervista a: FRANCESCO RUTELLI
di: GIGI RIVA

www.difesa.it/files/rassegnastampa/060804/BM6TM.pdf




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IL TEMPO
5 agosto 2006
IL TRAVAGLIO DEL PARTITO DEMOCRATICO
di RUGGERO GUARINI

GENTILI fautori del nuovo Partito Democratico. – Vedo che più parlate del partito che volete fondare e meno si capisce perché volete fondarlo. «Codesto solo oggi possiamo dire: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo». Conoscete questi versi di Montale? Si direbbe che parlano di voi.. Suppongo che a incoraggiarvi a capire che, pur non sapendo ciò che volete, sapete però benissimo ciò che non volete, abbiano molto contribuito le molte memorabili sentenze pronunciate negli ultimi giorni dai vostri più illustri pensatori. Il travaglio da cui nascerà il partito che sognate «non sarà – ha detto il segretario dei Ds Piero Fassino – una mutazione genetica». «Siamo a un bivio, imbocchiamolo», ha poi intimato Francesco Rutelli. «È infondato pensare che questo nuovo partito slitterà verso il centro», ha assicurato Massimo D’Alema. Se il partito si farà, hanno poi minacciato Fabio Mussi e Gavino Angius, «non crediamo che ci arriveremo tutti». Al che lo stesso D’Alema ha replicato definendo «asfittico e fanciullesco il ragionamento di chi dà come scontata la deriva moderata». Dagli apporti teorici più originali al vostro dibattito risulta comunque che il nuovo partito dovrà a dimostrare tre cose: 1) che il cristianesimo è socialista e che il socialismo è cristiano; 2) che il comunismo è liberale e che il liberalismo e comunista; 3) che il cattolicesimo è laico e che il laicismo è cattolico. Ne consegue che il vero problema resta il significato che hanno oggi per voi le parole «progressista» e «riformista». Eppure esso è stato risolto da un pezzo dal vostro massimo esperto del ramo, il dottissimo Giuliano Amato, che ha dato del primo, e implicitamente anche del secondo, tre definizioni abbaglianti. La prima, asciutta e perentoria, suona così: «Riformismo: impostazione politica volta a modificare lo stato esistente delle cose con metodi legali». La seconda, un po’ meno lapidaria, è in compenso molto più pregnante: «Il riformismo non è solo proposta, non è solo articolazione di commi tecnicamente corretti, ma è progetto di insieme, è tratto finalistico di identità comune, è visione del futuro in cui proposte e commi tecnicamente corretti trovano il loro senso e la loro ragione». Ma la più arguta e stringata è la terza: «Il riformismo non è la destra della sinistra». A queste tre magistrali definizioni egli ha comunque aggiunto due codicilli di un’ancor più smagliante chiarezza. Nel primo si assicura che il nuovo partito «sarà un modulo aperto, con identità multiple che convergono in modo non centralizzato né gerarchizzato». Nel secondo si precisa che il suo nucleo dirigente «dovrà mettere a fuoco un progetto di cui discutere con le altre componenti del centrosinistra per trovare alla fine una posizione comune che abbia l’impronta forte data da quel nucleo ma nel quale anche gli altri si possano riconoscere». È con frasi come queste che Amato ha dimostrato da un pezzo di essere un cervello fino. Molto semplice comunque sarà il compito di coloro che all’esposizione della sua appena citata dottrina progressista e riformista in tre paragrafi e due postille dovranno aggiungere un breve elogio politico. Sarà infatti sufficiente ricordare che quando egli ebbe modo, come presidente del consiglio, di esprimere concretamente il suo talento di riformista e di progressista, non esitò a migliorare l’esistenza degli italiani con una fulminea riforma progressista scippando un bel gruzzoletto dai loro conti correnti.




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