LA CANDIDATURA PREMIO DI FEDELTA'

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INES TABUSSO
00domenica 5 marzo 2006 20:04
L'UNITA'
4 marzo 2006
La candidatura premio di fedeltà
Gianfranco Pasquino

Non sappiamo ancora se tutto è finito bene, ma sappiamo che non tutto, anzi, molto poco, è andato bene per quel che riguarda la scelta delle candidature e delle ricandidature. E, per fortuna, che la maggioranza degli elettori ha, in materia, la memoria corta e, per di più, non andrà a mettere il naso nelle liste. Adesso, apprendiamo anche con un po’di, esagero, sgomento, che il centro-sinistra non soltanto si sta distribuendo con parecchio anticipo le cariche istituzionali (Presidenza della Repubblica, Presidenze della Camera e del Senato: esistono già gli autocandidati, ai quali plaudo per il coraggio anti-scaramantico, e i frontrunners, (i dati per favoriti) e di governo (ma i nomi che, pure, questi sì, sarebbero utili) non sono ancora usciti, ma persino le cariche di sottogoverno, pardon i sottosegretari. Esauritesi le critiche, almeno alcune delle quali, in linea di principio, giuste e giustificate, se venivano da convinti maggioritari, inappropriate e deprecabili se venivano da noti proporzionalisti opportunisti, comunque, spesso, fuori misura nei toni e nelle aggettivazioni, i partitocrati hanno svolto con zelo e impegno degni di miglior causa (che, però, i partitocrati neppure riescono a concepire sostenendo che una delle responsabilità dei dirigenti di partito consiste appunto nel reclutamento dei candidati), il compito di nominare i parlamentari dei rispettivi partiti. Scrivo a ragion veduta «nominare i parlamentari» perché con l’esistenza di liste bloccate l’ordine di lista determina con qualche limitata sbavatura le probabilità di elezione.
Il centro-sinistra si è rivelato essere abbastanza proporzionalista, ma non abbastanza «primarista». Eppure qualche elezione primaria in qua e in là per i candidati e le candidate al Parlamento si poteva proprio tenere con profitto: partecipazione influente e susseguente impegno nella campagna elettorale. Non ho nessuna fiducia nelle capacità di apprendimento istituzionale dei partitocrati e quindi non credo affatto che abbiano imparato quello che, comnque, non vorrebbero praticare. Credo, però, in una diversa politica e argomento come e perché. È giusto mirare ad avere in Parlamento un nucleo solido e ampio di parlamentari esperti. E, allora, non mi sono chiare le riconferme di politici forti nel partito, ma delle cui qualità parlamentari è lecito dubitare (alla luce della loro scarsa frequentazione di aule e commissioni), mentre sono stati esclusi proprio alcuni parlamentari di riconosciuta efficacia. Inutile, poi, e francamente imbarazzante dal punto di vista dell’etica istituzionale promettere agli esclusi le cariche di sottosegretari. Allora, molto meglio sarebbe stato premiare i parlamentari bravi con ampie riconferme per poi, successivamente e eventualmente promuoverli a sottosegretari e ministri, sulla base della competenza, chiedendone le dimissioni dalla carica di parlamentare e facendo subentrare i primi, i secondi dei non eletti.
Questa operazione perfettamente legittima e già ampiamente praticata, ad esempio, ma non soltanto, in Francia, consentirebbe anche di ovviare ad uno degli enormi pericoli paventati dai critici della nuova legge elettorale: una maggioranza parlamentare risicata (340 seggi, che, peraltro, a me paiono parecchi, contro 27[SM=g27989] che rischierebbe spesso di «andare sotto» nelle votazioni parlamentari se ministri e sottosegretari fossero all’opera nelle loro funzioni da esplicare prevalentemene lontano da Montecitorio (e da Palazzo Madama). La verità è che, oltre a quei tre o quattro casi di ricongiungimento familiare in parlamento, la selezione delle candidature e la nomina dei parlamentari hanno risposto ad un criterio quasi esclusivo e sovrastante: il premio alla fedeltà politica assoluta, dunque, al conformismo passato e futuro che garantisce la riselezione la prossima volta, pur nella conoscenza e nel rispetto di quella regola eminentemente burocratica, del limite delle due legislature (salvo meticolose deroghe arbitrarie) che non ha nulla a che vedere né con la democrazia (il Partito prossimo venturo di cui sento tanto parlare, sarebbe Democratico, di grazia, in che senso?) né con la competenza.
Allontanati dalla nuova legge elettorale proporzionale i candidati dai loro elettori, avocata la loro selezione dai dirigenti di partito, siamo entrati, per quanto riguarda la formazione dei gruppi parlamentari, nella peggiore politica possibile. Rassegnarsi? Dixi et salvavi animam meam, ma mi riprometto, nei limiti del consentito, di continuare a dire. Temo che ce ne sarà molto bisogno.



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CORRIERE DELLA SERA
5 marzo 2006
L'INTERVISTA
Pasquino: nei Ds candidati incompetenti Angius e Mussi non hanno alcun merito
Fabrizio Roncone


Sono le 9 del mattino a Washington e il professor Gianfranco Pasquino — politologo di rango, collaboratore della casa editrice
Il Mulino, editorialista del quotidiano
l'Unità — è nel suo ufficio: lì nella capitale degli Stati Uniti sta tenendo una serie di lezioni presso la prestigiosa «School of advanced international studies», lezioni che cerca di conciliare con l'attività di ricerca della «Brookings institution». Le sue giornate, racconta, scorrono con immaginabile e interessante ripetitività, appena increspate dalle notizie — «soprattutto chiacchiere e retroscena, indiscrezioni e sorprendenti verità» — che gli giungono dall'Italia coinvolta — «o sconvolta?» — dalla campagna elettorale.
Ieri, sull'Unità, c'era un suo commento dal titolo eloquente: «La candidatura premio di fedeltà». A leggerlo, sembra che lei sia rimasto piuttosto colpito da certe scelte del centrosinistra...
«Sorpreso è un termine riduttivo».
Allibito?
«Allibito, ecco, mi sembra più appropriato».
Cos'è che la stupisce così tanto?
«Il fatto che la selezione delle candidature e la nomina dei possibili parlamentari abbiano risposto a un criterio quasi esclusivo e sovrastante».
Quale?
«Il premio alla fedeltà politica assoluta e, dunque, al conformismo passato e futuro che garantisce la riselezione alla prossima tornata, pur nella conoscenza e nel rispetto di quella regola eminentemente burocratica del limite delle due legislature, che non ha nulla a che vedere né con la competenza, né con il Partito prossimo venturo di cui, qui dagli Stati Uniti, sento tanto parlare...».
Il partito Democratico, professore...
«Democratico in che senso?».
Lei parla, evidentemente, di competenze inesistenti e di meriti, invece, ingiustamente riconosciuti, di meccanismi burocratici che portano alla riconferma obbligatoria... Può fare esempi?
«Lei mi sta chiedendo nomi? Lei vuol farmi litigare con qualcuno? Lei forse crede che io resterò a insegnare a Washington per il resto dei miei anni?».
Professore, qualche esempio, solo qualche esempio...
«Beh, allora prendiamo Fabio Mussi».
Prendiamo Mussi.
«Di cosa sarebbe specialista? Quale straordinaria competenza ha dimostrato per essere così considerato un autentico "intoccabile"?».
Mussi è un diessino di lungo corso, guida una corrente che...
«Ecco, appunto. Guida una corrente. Credo la chiamassero Correntone, la cosiddetta "sinistra dei Ds". Bene. Questo dimostra che se viene rieletto così sistematicamente, in modo così ineluttabile, è solo merito del potere che ha. E non è il solo».
Prego, professore.
«Un altro nome?».
Un altro.
«Gavino Angius. Va bene, è il capogruppo alla Camera dei Ds... ma cos'ha fatto di così meritevole? Niente. Ha il solo vantaggio di essere riconosciuto come un capo. Un capo, per quanto ne so, anche irascibile... infatti temo che dopo queste mie dichiarazioni sarà furibondo... Vado avanti?».
Se ha altri nomi...
«Ne ho trenta, quaranta... Vogliamo parlare di Massimo Villone?».
Docente come lei, presidente della Commissione affari costituzionali...
«E poi? Oltre ad aver scritto un libro con Cesare Salvi, uomo politico che stimo, cosa resta di Massimo Villone?».
Lei, professor Pasquino, sta implicitamente muovendo critiche assai pesanti ai massimi dirigenti dei Ds, al presidente e al segretario, a D'Alema e a Fassino, che sulle candidature, ovviamente, hanno avuto l'ultima parola.
«Questa legge elettorale proporzionale, che blocca le liste, conferisce, nei fatti, un potere eccezionale ai grandi capi del partito. Io suggerisco solo di disciplinare questo potere».
Lei chiede regole per stabilire le candidature?
«Regole. Come stabiliamo chi è competente e chi no? Chi fornisce al partito e, di conseguenza, a un eventuale governo, capacità e conoscenza? Il potere non può essere l'unico discriminante».
Lanfranco Turci se ne è andato.
«Il mio amico Lanfranco ha fatto bene. Lui, uno bravo, esperto, con una professionalità politica storicamente accertata, era stato fatto fuori dalle liste: era giusto? E poi...».
Poi cosa?
«Gli hanno proposto un eventuale incarico da sottosegretario... Ma a cosa? E cos'è questo mercato? Uno del livello di Turci poteva piegarsi a tutto questo?».
Ci sono state chiacchiere anche su Anna Serafini (Ds), consorte di Piero Fassino, e su Linda Lanzillota (Margherita), sposata con Franco Bassanini ...
«Nel mio editoriale sull'Unità parlo di "ricongiungimenti familiari in Parlamento"... Non mi faccia aggiungere altro, tanto poi già immagino l'ira di Fassino, che mi chiama, che mi devo cuccare solo quando è arrabbiato...».



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