Secondo quanto afferma questo principio, quando qualcuno ci irrita è probabilmente perché:
1. Vediamo in lui una parte di noi stessi che non ci piace. Rifiutiamo di vedere quella qualità in noi e non ci piace vederla nemmeno in un altro;
2. Il modo in cui quella persona ci tratta rispecchia il modo in cui trattiamo noi stessi.
3. Ci ricorda qualche problema al quale siamo attaccati: qualcuno che non abbiamo perdonato, qualche limitazione con la quale non ci siamo riconciliati;
4. Non ci permette di distorcere la verità come facciamo spesso, oppure non sostiene le nostre illusioni preferite.
Ma lo stesso principio afferma che, qualunque sia la situazione che disturba,
può essere volta a a proprio vantaggio oppure essere sprecata. Si può infatti, scegliere di guardare dentro di sè e cercare quale paura, dolore nascosto, o quale rabbia repressa siano stati riattivati e portati in superficie, oppure di guardare fuori e dare la colpa a qualcun altro.
Nel caso in cui si decida di sprecare la preziosa occasione , l'Universo dovrà ricreare la stessa situazione, per un numero infinito di volte, finché alla fine non si riuscirà a comprendere cosa si deve imparare.
Secondo questo principio, chi si fa soffrire è un nostro "insegnante", nel senso che attraverso quella persona, abbiamo l'opportunità di imparare qualcosa.