opinioni non recensioni
Ho visto:
-Il trionfo dell’amore- di Clare Peploe.
Un cinema fatto di parole, psicologici inganni e lenti e inesorabili sentiment(alism)i. Sull’onda del modo
branaghiano(mi si perdoni il neologismo) di ciarlare, “Il trionfo dell’amore” reca in sé il perimetro del suo limite, nel suo fermarsi ad un genere (quello da operetta sentimentale), nella sua ricerca da commediola degli equivoci e nelle sue scontatezze di fondo.
Epperò, visto all’interno di questo perimetro, il suo modo di comunicare risulta alquanto interessante e gradevole, aiutato in ciò anche dal contesto in cui si muove e dal (non voluto, credo) doppiaggio esasperatamente sgamante. Mai volgare e gratuito. Semplice.
-Moulin Rouge- di Baz Luhrmann.
Cartolina adrenalinica, acida e kitsch di: un’emozione (l’amore naturalmente), un genere (il musical), un luogo cult (il Moulin Rouge, appunto), una città (Parigi), un contesto storico (il ‘900 bohemien), uno artistico (sempre il ‘900 bohemien). Una scelta di linguaggio sconvolgente ed esuberante da cui, superato l’iniziale impatto di disgustosa ridondanza, si viene fagocitati volenti o nolenti. Il risultato è interessante (soprattutto per le musiche rivisitate e corrette e per la potente fotografia), sempre a patto che ci si riprenda dal sovraccarico audiovisivo un po’ stordente e tirato per le lunghe.
-Il diario di Bridget Jones- di ………non mi ricordo.
Simpatico e furbetto prodotto britannico da esportazione, che rivisita il genere commedia-brillante-di-donne-trentenni-sull’orlo-della-depressione-perché-brutte-sporche-cattive-e-senza-uomo.
Il tutto alla luce della accettabile volgarità che agli inglesi piace tanto e non solo a loro. Divertente. Irriverente. Brillante.
Risulta gradevole perché, anche se strutturato sulla falsa-riga dello stereotipo hollywoodiano, riesce a sdoganarsene nel tragitto e trova dei momenti geniali (vedi ruggito di Hugh Grant).
Per una serata all’insegna dello
sbariamento.
-La maledizione dello scorpione di giada- di Woody Allen.
Non mi ha detto granchè. Al di là dell’Allen
bergmaniano e di quello
zelighiano (sempre venia per i neologismi), scopriamo questo “dello scorpione di giada”. Ritroviamo ambientazioni storiche care all’autore (gli anni ’40) e una comicità fatta di tante parole e intuizioni e intelligenze e sarcasmi e doppi sensi sparati a raffica. Ma risultano le pantomime di loro stessi, solo una quasi patetica emulazione dell’Allen che fu, autocitandosi e ricalcando la mano. Non fa ridere, ma fa sorridere, e mi sa che è troppo contento e troppo grande per poter essere messo in discussione.
Perciò incaso la mano. Per cazzimma (non è un altro neologismo, solo dialettismo…).
Per gli amanti del soggetto in questione, che, abituati ad amarlo sempre, lo ameranno anche adesso. Per me diciamo che quella sera ero molto stanco oppure mi sono abituato ad avere il palato troppo fine con chi potrei stimare...boh?
Sic.
Un abbraccio molesto.
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Omm se nasce,
brigante se more...
...D.
[Modificato da D 28/10/2001 20:24]