PAPA' ULTRA'

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INES TABUSSO
00sabato 10 febbraio 2007 15:20

IL MESSAGGERO
10 Febbraio 2007
dal nostro inviato

CATANIA - Difende l’innocenza del figlio a tutti i costi. «Siamo vittime di un assalto mediatico», dice. E va oltre: «I ragazzi hanno reagito ai lanci di lacrimogeni da parte delle forze dell'ordine». La frase è grave, a pronunciarla è il papà di A.S., il diciassettenne indagato per l’omicidio dell’ispettore Raciti. «Mi sento di difendere quei giovani che erano allo stadio in quella situazione - insiste - Ma quanto è successo, è stata una cosa voluta dalla polizia che non si può permettere di lanciare lacrimogeni contro le persone». La difesa passa poi alla famiglia. «Non abbiamo più pace, io lavoro da 40 anni, vivo nella casa di 5 vani, mia moglie è una casalinga e invece veniamo definiti dalla stampa come chissà che gente. Il mio ragazzo è solo un grande tifoso del Catania, non si interessa alla politica. Per paura di quello che succede allo stadio gli ho fatto un abbonamento tv, ma il tifo è più forte di lui e per questo andava tutte le domeniche in curva nord, visto che è un abbonato».
L’uomo è addolorato e manifesta energicamente il suo disappunto nei confronti dei magistrati. Si rivolge direttamente alla vedova del poliziotto. «Desidero dire alla signora Raciti - dichiara - che mio figlio non c'entra nulla, è un capro espiatorio. Si sta cercando un colpevole ma non è lui». L’avvocato Giuseppe Lipera che ne ha preso la difesa, insiste sulla «fragilità delle accuse dal punto di vista processuale».
C.Man.




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LA STAMPA
10/2/2007
Papà ultrà
Massimo Gramellini

Se avete visto un telegiornale, sarà successo anche a voi di sobbalzare davanti all’immagine di un signore coi baffi dal forte accento catanese che concionava in modo arrogante una platea di cronisti. Sulle prime ho pensato: sarà il fratello del poliziotto ucciso. Invece era il padre del ragazzo che secondo gli inquirenti lo ha ammazzato. E’ umano che quando c’è di mezzo il sangue del tuo sangue un genitore cerchi di negare anche l’evidenza. Ma questo è arrivato ad assolvere l’intera comunità dei teppisti, accusando del delitto la polizia. E con che toni.

Il particolare che l’amata creatura avesse sradicato i cessi dello stadio per lanciarli contro altri esseri umani è stato da lui derubricato a “litigata”. Di episodi simili, ha aggiunto, ne succedono in tutta Italia. Come no? Ogni mattina la gente sale in metropolitana con un gabinetto sulla testa, pronto a scagliarlo contro il primo passeggero che non gli dà la precedenza. Ma il padre non ha voluto sentire ragioni: suo figlio e gli altri angioletti della curva volevano soltanto picchiarsi in santa pace con i tifosi del Palermo e se la polizia non avesse inquinato l’aria con i lacrimogeni, non sarebbe successa nessuna disgrazia.

Si fosse limitato a difenderlo dall’accusa di omicidio, avrei ancora nutrito l’illusione che in privato sarebbe stato capace di dare una raddrizzata al figlio. Ma dopo uno spettacolo di tale tracotanza e disprezzo per lo Stato, mi chiedo dove e da chi quel ragazzino avrebbe potuto imparare i rudimenti dell’educazione civica e dell’autocontrollo. Anzi, ho smesso di chiedermelo.



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