David Copperfield
1965. Uno sceneggiato di quelli di una volta, esemplare. Quelli con la regia di Majano e le musiche di Ortolani (Riz).
Il più celebre romanzo di Charles Dickens reso in interni, con scenografie povere, ma con una sceneggiatura di ferro, curatissima in ogni dettaglio. Si vede l'impegno, riuscitissimo, di rispettare in tutto l'opera ma anche tradurla nel modo migliore per il mezzo televisivo. Non era facile, a dispetto delle apparenze. Poteva diventare una scarna storiella sulla formazione di un ragazzo qualunque.
Invece i personaggi hanno grande spessore, le loro azioni vengono sempre motivate e ben descritte.
Quello che mi ha colpito è che per farlo si sceglie spesso di ricorrere alle parole, al monologo, alla confessione. Esplicitando senza però banalizzare, mai. Il che è stupefacente, se si fanno paragoni col presente. I ritmi sono più veloci, va bene, ma è assolutamente impensabile che si faccia conoscere l'animo di un personaggio soffermandosi, rallentando per approfondire. Il risultato è la superficialità di quasi tutta la produzione televisiva.
Eppure, negli anni Sessanta c'era un livello culturale ed un'abitudine a riflettere ed analizzare nettamente inferiore rispetto ad oggi. Ma si "educava" il pubblico.
Qualcuno dirà che c'era solo una rete televisiva, che la tv era nuova e gli intrattenimenti alternativi pochi, ma a me sembrano alibi, in una certa misura.
La recitazione è quasi sempre teatrale, per i nostri gusti, ma era lo stile dell'epoca. E' sorprendente come gli attori siano tutti di livello, anche per i ruoli non importantissimi. Segno che si offriva il meglio al pubblico.
David Copperfield è un Giancarlo Giannini dallo sguardo irriconoscibile per chi lo ha conosciuto poi in questi decenni. Mai lo avrei pensato nella parte (così sanguigno, aggressivo e poco dimesso, e diciamolo pure antipatico pur nella sua bravura), ma a quell'età aveva l'innocenza giusta per farlo in modo credibile.
Vedere con piacere questo bel lavoro mi ha dato prova di quel che sospettavo sul diversissimo approccio di chi faceva televisione una volta e chi la fa ora.