Scatolette e pasta come colla per sopravvivere in trincea

Kranebet
00venerdì 10 luglio 2015 10:50
Un articolo "alimentare"
Interessante articolo di Francesco Jori tratto dall'edizione on line de "Il Mattino di Padova":

È una guerra combattuta in condizioni estreme sotto tutti i punti di vista: oltre al nemico vero e proprio, c’è da combattere con il freddo, l’igiene personale, la sporcizia, la convivenza in spazi angusti che il maltempo rende pressoché impraticabili. Perfino mangiare diventa una battaglia. E d’altra parte, non è semplice garantire l’alimentazione di centinaia di migliaia di soldati, specie di quelli impegnati in prima linea. Protagonista indiscussa è la scatoletta, sfornata da due stabilimenti militari, uno a Casaralta nel Bolognese e l’altro a Scanzano vicino a Foligno, entrambi specialisti in carni e conserve: durante l’intero arco del conflitto, da lì escono 173 milioni di pezzi, cui se ne aggiungono altri 62 dell’industria privata (tra cui Cirio, Polenghi e Sada; quest’ultima nel 1935 diventerà Simmenthal); ma non bastano, così che si rende necessario acquistarne un ulteriore quantitativo all’estero.

È il cibo in scatola a fornire il principale apporto calorico delle truppe, con un rinforzo per chi combatte ad alta quota e deve far fronte alle rigide temperature: lardo, pancetta, latte conservato vengono aggiunti alle razioni ordinarie. Le scritte che appaiono sulle confezioni sono le più fantasiose, e vengono utilizzate anche per cercare di sollevare il morale delle truppe e rinvigorire lo spirito patriottico (non con gran risultati, peraltro): “Antipasto finissimo Trento e Trieste”, compare su uno dei prodotti. È materiale ritenuto prezioso, se è vero che può venire consumato solo dietro apposito nulla osta anche se lo si trova abbandonato a terra. Come impara a proprie spese il fante Elio Nerucci, punito con 15 giorni di rigore. Lo racconta egli stesso nel proprio diario: «Durante la ritirata si trovarono tante casse di scatolette. Pensammo di caricarle sul carro bagagli. Così, quando si giunse ad Asolo, il capitano Mai ci consegnò quattro scatolette per ciascuno, tanto per poter alleggerire il peso del carro… Venne la sera. Io e un mio compagno andammo da un contadino. Aveva fatto la polenta… Ci mettemmo a tavola e mangiammo una scatoletta per uno, sia io che il mio amico. La sera di poi il capitano ci mise in riga e volle vedere le scatolette che ci mancavano… Lì per lì non ci disse niente, ma a sera ordinò di fare la tenda e passare alla prigione con quindici giorni di rigore. In tutti eravamo 46, che ci mancava qualche scatoletta. Il capitano non tenne conto che le scatolette le avevamo trovate noi e che, se non si fossero prese, dopo qualche ora passavano nelle mani degli Austriaci».

L’alternativa al cibo in scatola è quello “fresco”, che tuttavia bisogna cuocere nelle retrovie per poi trasportarlo in trincea, di notte per non diventare bersaglio del nemico. Ma è chiaro che in quelle condizioni il riso e la pasta, sistemati in grandi casseruole, arrivano a destinazione ridotti a grandi ammassi di colla; il brodo si raffredda e diventa gelatina; la carne e il pane sono ridotti a blocchi di pietra. La fame è tanta, che si mangia tutto e di tutto; ma è faci. le immaginare quali intrugli finiscano nello stomaco dei soldati sfiniti. I comandi cercano di supplire con la quantità, largamente superiore a quella su cui possono fare affidamento le truppe avversarie: le razioni giornaliere prevedono 600 grammi di pane, 100 di pasta o di riso e 100 di carne, un quarto di vino, mezzo litro di acqua, caffè, a volte anche frutta e verdura. Prima degli assalti vengono inoltre distribuite dosi supplementari, con l’aggiunta di gallette, cioccolato e liquori.

I soldati hanno in dotazione la gavetta di forma semiellittica, un modello del 1872 modificato negli anni successivi; per alpini e artiglieria da montagna ce n’è una di capacità doppia; poi c’è la borraccia, dapprima in legno e successivamente in lamiera. Girano anche curiosi ricettari, che aiutano con un pizzico di fantasia a introdurre una qualche variante al rancio di giornata. Come questa autoironica “zuppa del soldato”, così illustrata dall’anonimo quanto fantasioso chef: “Ingredienti: (da 1 a n+1 persone). Farina 100 grammi, tre cucchiai di olio di oliva, tre patate, acqua. Dopo esservi procurati, in qualsiasi modo, gli ingredienti, trovate un anfratto al riparo dai bombardamenti e procedete come segue. Mettete la farina nella pentola, o nell’elmetto, e accendete il fuoco piuttosto basso continuando a mescolare finché non raggiunge un bel colore di autocarro incendiato. Aggiungete l’olio e mescolate fino a ottenere una crema di un color marroncino molto militaresco, della densità di una trincea sotto il diluvio. Aggiungete quindi l’acqua, o aspettate che piova, fino ad ottenere una cremosità... media. Qui l’occhio del soldato italiano non può e non deve sbagliare. Pelate le patate, tagliatele a dadini e tuffatele nella zuppa. Il vero soldato si mangia anche le bucce. Quando le patate saranno morbide la zuppa sarà pronta, attenzione solo a non rivelare la vostra posizione al cecchino nemico con i vapori della preparazione”.

E sorbendo una brodaglia a base di polvere di castagne che vorrebbe passare per surrogato del caffè, c’è chi mette in circolazione un beffardo ritornello: “Il general Cadorna / si mangia le bistecche / noialtri poveretti / mangiam castagne secche”.
tonolik
00venerdì 10 luglio 2015 13:17
Eheheheh, molto divertente l'ironica ricetta della "zuppa del soldato".

Aggiungo la variante "Verdure di stagione"

INGREDIENTI AGGIUNTIVI: Qualsiasi verdura riusciate a trovare nella stagione in cui siete.

Aggiungete le verdure (possibilmente lavate, ma non serve, tanto occorre bollirle) tagliate a pezzi piccoli (si cuociono prima) mettendo prima quelle più dure (come carote, rape, ...) per finire con quelle più tenere (piselli, cavolfiori,...) facendo bollire la preparazione finchè le verdure non siano ben cotte e sfatte come le macerie di una casa bombardata. Servire condito con quello che c'è (olio o burro o strutto o qualsiasi grasso animale commestibile). Se c'è del pane: meglio ancora!

(tratta dal sito www.sentinellelagazuoi.it)


Ciao a tuch.
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