Se il processo dura all’infinito, l’indennizzo tocca agli eredi

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cicolex
00martedì 2 maggio 2006 08:17
Il diritto all’indennizzo per violazione del principio di ragionevole durata del processo nasce direttamente dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, ratificata con legge del 4 agosto 1955 n. 848 e non con l’entrata in vigore della cosiddetta legge Pinto (L.89/2001), che fissa le modalità per la richiesta di risarcimento.
L’importante principio è sancito, nella sentenza n.28507/2005, dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
La Corte di Appello di Genova aveva rigettato una richiesta di indennizzo per la “non ragionevole” durata di cinque giudizi instaurati davanti al Tar della Toscana tra il 1990 e il 1998. Il primo di questi era stato promosso dalla madre del richiedente, frattanto deceduta.
Il decreto di rigetto sosteneva in primo luogo che il diritto all’indennizzo non può riferirsi a ritardi maturati prima dell’entrata in vigore della legge 89/2001 e che inoltre l’istante non era legittimato per il primo giudizio, in quanto era entrato in quel giudizio solo un anno prima della presentazione della domanda di risarcimento.
La sentenza esamina e respinge anche un’altra argomentazione della Corte di Appello riguardante “l’istanza di prelievo” nei procedimenti amministrativi, ma è fatto di carattere squisitamente e tecnicamente giuridico che è inutile illustrare.
Quanto al momento della nascita del diritto all’indennizzo la Cassazione, ribaltando il suo precedente orientamento giurisprudenziale, osserva che la legge del 2001 deve essere considerata una legge “non già costitutiva del diritto all’equa riparazione per la non ragionevole durata del processo, bensì unicamente istitutiva del ricorso interno”, facendo dunque nascere il suddetto diritto all’indennizzo, direttamente dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. La Convenzione stessa aveva infatti previsto la regolamentazione di un procedimento a livello nazionale che è stata poi introdotta tardivamente: si consideri che la legge Pinto è stata approvata e promulgata ben 46 anni dopo la Convenzione.
Da tale ritardo consegue quindi anche la legittimazione dell’erede a richiedere l’indennizzo per la non ragionevole durata di un processo promosso dal de cuius.
Si consideri, per concludere, come anche in questa materia i diritti possono essere rivendicati solo affrontando costi non indifferenti. Una citazione davanti alla Corte di Appello e un successivo ricorso per Cassazione richiedono un impegno economico non certo trascurabile.
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