Le prove fisiche dell'esistenza di Dio
Uno dei fenomeni che più colpisce chi si pone a contemplare lo spettacolo della natura è l'ordine che vi riluce, ordine meraviglioso e costante. Di qui la mente arguta della gente semplice trae uno degli argomenti più profondi per risalire a Dio, argomento che lo scienziato analizza e perfeziona dandogli forma di rigorosa dimostrazione scientifica. Così provarono l'esistenza di Dio Platone, Aristotele, Cicerone fra i pagani; così nei tempi cristiani usarono questo argomento i primi apologeti, i Padri lo ampliarono eloquentemente e S. Tommaso lo espose in forma nitida e rigorosa nella sua Summa, così come tutta la sua scuola lo espose e lo difese. Anche i razionalisti ne sentirono la forza. Voltaire diceva: «L'universo mi imbarazza e io non posso sognare che questo orologio esista e non abbia orologiaio».
L'argomento si può brevemente riassumere nella seguente affermazione: nella natura esiste un mirabile ordine teleologico. Dunque necessariamente esiste una suprema intelligenza ordinatrice. Ma questa intelligenza ordinatrice deve essere anche creatrice dell'universo. Dunque esiste un Dio creatore e ordinatore dell'universo.
L'ordine del cosmo
Esso ci appare chiaramente considerando la scala degli esseri dai più semplici ai più complessi.
1) Regno vegetale. Un piccolo seme: uno dei tanti di quei minuscoli granellini sparsi nella natura: quale mirabile ordine nella sua struttura, nel suo progressivo sviluppo, nella formazione della pianta! Basti pensare al rivestimento protettivo dei semi o alle diverse forme che questi assumono per raggiungere zone favorevoli alla crescita (ad es. a forma di elica per planare vorticosamente) oppure alla straordinaria varietà di pollini tutti straordinariamente diversi se visti al microscopio elettronico. E ancora…la disposizione delle foglie lungo il picciolo secondo un ciclo determinato in modo da ricoprirsi il meno possibile e che tutte possano ricevere la maggior quantità di luce. «Se voi mi volete salvare da una miserabile morte – scriveva Darwin ad un botanico – ditemi perché l'angolo fogliare è sempre di 1/2, 1/3, 2/5, 3/8 (...) e non mai diverso. Basterebbe questo solo fatto per fare impazzire l'uomo più tranquillo». Disposizioni non meno complesse e sapienti si trovano nei fiori per favorire l'impollinazione di piante diverse e impedire l'autofecondazione, che sarebbe nociva alla specie per il manifestarsi di caratteri difettosi; disposizioni ancor più mirabili per assicurare, ottenuta la fecondazione e la formazione dei semi, la disseminazione in modo che non cadano tutti in un terreno sterile e ombroso, ma siano trasportati in terreno adatto e sia assicurata la sopravvivenza della specie…. E quanto altro ancora si potrebbe dire!
2) Regno animale. Dai più minuscoli viventi ai più complessi ed evoluti. La struttura dell'organismo, i vari organi della nutrizione, della riproduzione, del movimento, della sensazione; la loro adattabilità secondo l'ambiente e le circostanze o nei casi di malattia; tutto ciò presenta un evidente finalismo. I mirabili istinti in virtù dei quali gli animali agiscono e operano con tanta sicurezza, precisione e perfezione di mezzi, risolvendo con la massima semplicità i problemi più difficili: le formiche (organizzazione del lavoro), le api (la struttura dell'alveare), i ragni (l'ingegnosa costruzione della tela), gli uccelli (il nido, la cura della prole)…
Organi, tessuti, cellule e apparati specializzati, non possono essere frutto del caso!
3) L’uomo. Il corpo e le sue parti: sono milioni di cellule differenziate fra loro, riunite in tessuti diversi che formano i vari organi, ciascuno dei quali sapientemente costituito per la sua funzione che esercita spontaneamente, naturalmente, senza che ce ne accorgiamo. La mirabile struttura dei singoli organi; l'orecchio, l'occhio (Newton diceva che chi ha fatto l'occhio dell'uomo doveva conoscere bene le leggi dell'ottica), ecc. Il grande anatomista americano Alexis Carrell, in un libro che ebbe grande successo, L'uomo, questo sconosciuto, cita molti esempi di tali meraviglie nel corpo umano e conclude: «L'esistenza di una finalità nell'organismo è innegabile: tutto avviene come se ogni organo conoscesse i bisogni presenti e futuri dell'insieme e si modificasse secondo questi».
4)La terra. La sua posizione rispetto al sole (per una temperatura conveniente alla vita); il duplice moto di rotazione e di traslazione (per l'avvicendarsi dei giorni e delle notti, per l'alternarsi delle stagioni a vantaggio dei viventi); le terre glaciali e la zona torrida (per i dislivelli di temperatura necessari per le correnti benefiche dell'aria e degli oceani), la presenza di acqua e terra sapientemente distribuite, la salinità delle acque regolata da un ben preciso ciclo…
5) L’universo. Gli astri: il loro numero, la loro grandezza, la loro distanza, i movimenti che compiono, ecc.
I vari regni della natura sono l'uno all'altro subordinati armonicamente per il bene universale. Ordine e subordinazione hanno sempre colpito i più geniali osservatori. Già Aristotele scriveva: «Tutto nell'universo è sottoposto a un determinato ordine (...) Le cose non vi sono disposte in modo che una non abbia alcun rapporto con l'altra, che anzi tutte sono in relazione fra loro, concorrono con perfetta regolarità ad un unico risultato. Si verifica nell'universo quello che vediamo in una casa ben governata».
Colui che stabilisce l'ordine è Dio
a) Ordinare i mezzi al fine è proprio del solo intelletto. Infatti, per adattare qualche cosa al fine è necessario conoscere il fine. Ma conoscere tutto questo è solo degli esseri intelligenti. Quindi la finalità non può spiegarsi se non si ammette una mente ordinatrice; perciò l'universo, così mirabilmente ordinato, esige una mente ordinatrice. L'argomento è semplicissimo; come dinanzi a un orologio, a una statua, ad una macchina, l'intelletto non può rifiutarsi dall'affermare l'esistenza di un'intelligenza che è la causa di quell'ordine, quanto più dinanzi all'universo così complesso e tuttavia ordinato.
b) Ma questa intelligenza ordinatrice non è nell'universo. Infatti, non può essere nella materia inorganica, né nelle piante, né negli animali, in quanto tutti esseri materiali, mentre l'intelligenza, è prerogativa dell'essere spirituale. Neppure può trattarsi dell’intelligenza dell'uomo, perché l'ordine del mondo esisteva prima che esistesse l'uomo, e l'uomo è tanto lontano dall'essere ordinatore del mondo che si considera genio chi ha scoperto (non creato) qualche nuova meraviglia già esistente nell'universo. Dunque, l'intelligenza ordinatrice del mondo è l'intelligenza di un Essere spirituale distinto dall'universo.
c) Ma dobbiamo ancora osservare che l'ordine dell'universo non è puramente un ordine estrinseco e accidentale, bensì intrinseco ed essenziale, che risulta dalla natura stessa delle cose; per cui, chi ha ordinato il mondo deve averlo anche creato, deve avere costituito in quel determinato modo e per quel determinato fine tutti gli esseri che lo compongono e le loro parti. Dobbiamo dunque concludere che il supremo ordinatore del mondo è anche il creatore dell'universo, è Dio. Esiste dunque un Dio creatore e ordinatore dell'universo.
Così, questa è la conclusione di tutti i grandi scienziati che non chiudono gli occhi dinanzi alle bellezze dell'universo e che sanno, spogliandosi dei pregiudizi, guardare in faccia la verità.
Il grande naturalista Linneo diceva: «Il Dio eterno, il Dio immenso, sapientissimo e onnipotente è passato dinanzi a me. Io non l'ho veduto in volto, ma il riverbero della sua luce ha ricolmato di stupore l'anima mia. Io ho studiato qua e là le tracce dei suo passaggio nelle creature e in tutte le sue opere, anche le più piccole, le più impercettibili: quale forza, quale sapienza, quale immensa perfezione»;
Newton: «L'astronomia trova ad ogni passo la traccia dell'azione di Dio»; e
Keplero terminava la sua opera così: «Ti ringrazio, o mio Creatore e Signore, di tutte le gioie che mi hai fatto gustare nell'estasi in cui mi ha rapito la contemplazione delle opere della Tua mano. La grandezza di queste io mi sono studiato di proclamare dinanzi agli uomini, e ho posto cura di far conoscere quanta sia la Tua sapienza, la Tua potenza, la Tua bontà».
Dio e il problema del male
Una delle più comuni difficoltà contro l'esistenza di Dio, e in particolare contro la Sua Provvidenza, è l'esistenza del male nel mondo.
Come si concilia l'esistenza di Dio con l'esistenza del male? Ecco il problema.
Vi è chi lo risolve negando semplicemente l'esistenza di Dio: ma erroneamente, perché l'esistenza di Dio è evidentemente provata, e la difficoltà di conciliarla con l'esistenza del male non dà il diritto di metterla in dubbio.
Vi è anche chi ha supposto che, accanto a Dio, principio del Bene, esista un essere maligno principio del male, indipendente da Lui e a Lui contrario; la terra sarebbe il teatro della lotta fra questi due primi princìpi. Ma anche questa soluzione (di non pochi antichi: Manichei, ecc.) è allo stesso modo erronea, perché non si può dare un essere che non dipende da Dio, il quale è necessariamente unico principio e creatore di tutto.
Altri, allora, pur ammettendo l'esistenza di Dio, ne hanno negato la Provvidenza, affermando che Dio non si interessa del mondo, avendo abbandonata a se stessa l'opera delle sue mani. Soluzione erronea anche questa, perché contraria agli attributi divini, specie al Suo amore per le creature, amore che è l'unica ragione della creazione.
Per altra via si deve dunque trovare la conciliazione tra l'esistenza di Dio e il fatto del male nel mondo. Per facilitare la soluzione del problema giova distinguere il male fisico e il male morale.
Il male fisico è dovuto all'essenza finita delle cose di cui si compone l'universo ed al corso normale e ordinario delle leggi della natura. Non ripugna quindi a Dio, come non ripugna il dolore che al male fisico suole accompagnarsi; il rendere l'uomo, e in generale l'animale, sensibile agli agenti nocivi è spesso mezzo provvidenziale per la conservazione della vita nella natura; la morte stessa degli individui è necessaria per dare posto alle nuove generazioni.
La colpa, poi, cioè il male morale, è effetto della manchevole volontà dell'uomo: essa non è voluta da Dio, ma solo permessa, perché Dio vuole che liberamente lo rispettiamo e lo amiamo e non vuole fare violenza alla nostra volontà.
Ma – si osserva – Dio non potrebbe, con la Sua Provvidenza, impedire il male? E se lo può, perché non lo impedisce?
Sì, parlando in termini assoluti, lo potrebbe impedire e se, nonostante questo, lo permette, vuol dire che nella Sua infinita sapienza vede che è meglio permetterlo. Senza volere penetrare più in là di quel che alle nostre deboli forze è concesso (S. Paolo esclamava: “ O altezza della scienza di Dio: Come sono imperscrutabili i Tuoi giudizi!”: Ep. ad Rom., 11, 33), abbiamo dalla ragione, e più ancora dalla fede, gli elementi per rispondere alla domanda.
L'immortalità dell'anima ci dona la certezza naturale (confermata dalla fede) di una vita futura ed eterna, alla quale la vita presente è ordinata e nella quale i desideri del nostro cuore saranno soddisfatti, a meno che la giustizia non esiga la pena del male da noi compiuto. Alla luce di questa verità, per cui la vita dell'uomo si inizia nel tempo ma si continua nell'eternità, deve essere risolto il problema del dolore, che acquista, nella Provvidenza divina, una mirabile finalità. Il dolore, innanzi tutto, distacca l'uomo dalle cose terrene e lo avvicina a quelle eterne; se, nonostante le frequenti infelicità della terra, così pochi pensano all'eternità, quanti sarebbero quelli che si ricorderebbero del loro ultimo fine, se nella vita non vi fossero che gioie? Inoltre, il dolore fa sì che l’uomo possa espiare: chi, nella vita, non ha mai trasgredito la legge del Signore? L'infinita misericordia di Dio è sempre disposta a perdonare, ma la Sua giustizia esige una riparazione, un compenso per l'ordine morale rovesciato, e il dolore ristabilisce quest'ordine purificando l'anima che si è ribellata a Dio. Infine il dolore santifica, perché attraverso la prova del dolore l'uomo si merita quella felicità eterna che Dio vuol donarci quale premio da conquistare col sacrificio e con la lotta, sostenuti dalla pace della coscienza e dalla gioia del cuore con cui Dio conforta il giusto nelle pene della vita.
Così la ragione, ed assai meglio la fede, mostrano nel dolore la paterna Provvidenza di Dio che “non turba mai la gioia dei Suoi figli se non per prepararne loro una più certa e più grande” (Manzoni).
Apologetica Cattolica