Come quando i bracconieri senza scrupoli chiudono un cucciolo di un animale raro, dopo aver sterminato la sua famiglia (per cosa poi?, per del vile denaro ricavato dalle pelliccie, per questo l'uomo è disposto a terminare la vita di creature di uno stesso Creatore come lui), per chiuderlo in una gabbia in uno zoo, egli piange con sommessi mugolii, perché prima era abituato a correre in libertà nella jungla, ma dopo un po' si abitua alla miserissima esistenza che gli viene imposta, anche Qui, mentre per un po' di tempo prima aveva pianto e strillato, ormai aveva smesso.
Tanto, pensava rassegnato,
non cambia niente se mi agito o no. Il mio destino ora è in mano alla sorte.
Più che altro, una bestia gli divorava il cuore in maniera dolorosissima e lancinante: la bestia della consapevolezza del tradimento, rappresentata nella sua mente da Arin, il suo unico amico che lo aveva drogato e rinchiuso. Come poteva essere?
All'improvviso la porta della scatola si aprì e d'un tratto una fioca luce al neon penetrò nell'oscurità di quel carcere di ferro, dove prima c'era solo buio. Davanti lo accolse la figura invitante di Arin. Qui avrebbe voluto sputargli in faccia tutte le angustie che l'avevano pervaso in quelle ore di prigione, ma le lacrime di paura e sollievo misti insieme gli colmarono gli occhi ed ebbe un groppo in gola, perciò riuscì solo a balbettare: "Perché l'hai fatto, ti credevo mio amico!"
Derek (d'ora in poi lo chiameremo così, visto che tutti conoscono il suo nome non ha senso continuare con il suo nickname) lo guardò con uno sguardo chiaramente fintamente dispiaciuto. "Mi dispiace che abbiamo dovuto fare così, ma sei di un livello troppo basso della nostra gerarchia, modellata su quella hitleriana, per conoscere la posizione di questa base segreta. Ma le spiegazioni a dopo, e benvenuto nel
Centro 'Ribbentrop' di Addestramento Poteri Fisici E Neurali (CRAPFEN), Qui!"
Nel momento quando uscì dalla scatola, Qui rimase davvero sbalordito: infatti si trovava in una specie di gigantesco hangar di almeno 2 kilometri quadri, che sembrava una qualche via di mezzo fra una palestra molto all'avanguardia, un laboratorio e un castello medioevale (quest'ultimo per via dell'architettura evidentemente gotica, o almeno molto simile, anche se più "moderna"). Sui muri erano affrescati dei fregi che rappresentavano una simbologia molto complessa: abbondavano le svastiche naziste, ma era anche raffigurato il triangolo con sette occhi che Pikappa e Jana avevano visto nel sottosuolo di Paperopoli sull'ingresso dell'ubicazione di Lilith, e numerose scene tratte dalla mitologia nordica, del Ragnarok e altro.
Tutto intorno, migliaia e migliaia di militi vestiti di nero facevano esercizi, agli ordini dei comandanti, e li adiuvavano ogni tanto degli scienziati anch'essi col camice nero (se il camice bianco rappresenta la purezza della nobiltà del proposito della categoria dei medici e degli uomini di scienza, il nero di questi camici poteva ben simboleggiare il loro degrado morale), facendo iniezioni di sostanze dopanti, probabilmente sviluppate appositamente nei laboratori del complesso, non avendo il benché minimo riguardo per la salute di coloro ai quali li somministravano. Una lunga schiera di soldati correvano cantando con la melodia del celebre motivetto dei
marines queste parole:
I crudeli farisei
Crocifissero Gesù.
Noi sterminerem gli Ebrei
Di modo che non ci sian più.
La parola dell'Ariano
È legge e noi la seguirem.
Assai sacro, e non profano,
È per noi il suo voler.
Qui rimase come intontito per qualche minuto, quando si ricordò che era ancora completamente nudo. Derek l'aveva già visto svestito, e di lui non si vergognava, però quella massa spropositata di soldati lo mettevano a disagio. Derek intuì lo sconforto del paperotto, e spiegò: "Entrare nel CRAPFEN, dove riceverai il nostro addestramento, richiede una rigenerazione spirituale completa e un abbandono della vita passata
'senza se e senza ma'." (In verità era un po' un pretesto: assieme ai vestiti, gli avevano sottratto la polverina, per essere studiata). "Ora ti darò una divisa della Arischen Yugen, e quella saranno tutti i tuoi vestiti, d'ora in poi. Farai meglio a essere elegante: dovrai recarti al
Consiglio dei Dodici, dove ti aspetta un interrogatorio su quella polverina magicamente guaritrice." Gli porse un fagotto e Qui si rivestì in fretta.
"Di che cosa si tratta questo Consiglio dei Dodici?" chiese Qui.
Derek: "I Dodici sono uomini subito sottoposti all'Ariano nella gerarchia. La loro potenza è pressoché illimitata: è per questo che non si fanno mai vedere di persona, ma anche con te faranno udienza attraverso degli speciali monoliti neri/trasmettitori." A Qui l'idea di dover parlare non con degli umani, più rassicuranti, ma con dei monoliti, senza nulla che potesse rimandare alla sagoma di un uomo, fece un po' di terrore.
"E questo 'S²' di cui parlavate sempre, prima?"
"L'unica cosa che so è che gli servono due persone per riattivarlo, ma che forse una fonte di energia mistica molto potente potrebbe essere abbastanza: come la tua polverina. Si narra di una profezia antichissima..." disse Derek; ma quello che non disse, ma pensò tormentato, è che al successo o meno di Qui aveva affidato tutta la sua sorte: se funzionava, poteva essere che sarebbe divenuto ricco e potente come un Creso (
Magari mi eleggeranno subito al Consiglio dei Dodici, pensò), se no, invece, sarebbe dovuto morire. Questa era la Legge. Ma lui anche nell'ipotesi peggiore aveva una via di scampo... un "contatto" nientemeno che nel Consiglio!
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L'uomo misterioso (la cui identità possiamo ora finalmente rivelare: si chiamava Aaron O'Toole, il capo dei "Dodici" e il padre di Derek), seduto alla sua scrivania, conversava con una proiezione 3D al plasma di un uomo, davanti a lui nel buio, mentre il grande puma Shiva faceva le fusa, accoccolata poco più in là.
"Stiamo ultimando le analisi della 'polvere azzurra', ben presto le comunicheremo i risultati confermati." disse la proiezione ologrammatica.
"Bene, bene" ridacchiò sordidamente Aaron. "L'Ariano mi sta aspettando per parlargli del bambino che la possedeva: fra poco incomincerà l'udienza al Consiglio."
A questo punto, Aaron entrò timidamente, abbassando l'usuale cresta e fingendo molto timore reverenziale, nel salone che ospitava l'Ariano: ma dentro di lui covava una immensa invidia nei suoi confronti e desiderava nella mente sostituirlo. "A rapporto, o signore" disse a denti stretti.
L'Ariano era interamente immerso nel buio dai piedi alla testa, seduto su un trono rialzato, ricoperto completamente di bassorilievi e incisioni le quali glorificavano il suo personaggio. Appena entrarono, Shiva corse da lui (il suo vero padrone).
"Allora, sentiamo, servo: come si chiama il papero?" chiese distrattamente, con voce di fuoco, mentre intanto giochicchiava con una sfera di vetro.
Ancora non so nemmeno come si chiama, benché potrebbe essere la chiave della vittoria del Reich! pensava.
"Si chiama...
Qui Paperino, signore."
A quelle parole l'Ariano reagì come trafitto da un'ondata di gelo siberiano, che gli trapassò le membra fino al più profondo del midollo, lasciandolo di stucco; Aaron, rimasto raggelato, vide che lasciava cadere la sfera, la quale cadde in mille e mille frantumi.
Stette come in silenzio per qualche secondo, poi disse con un timbro particolarmente cupo: "Esci subito fuori di qui".
"Come avete detto, signore?"
"ESCI
SUBITO FUORI DI QUI!!!"
Aaron fuggì in preda a un occulto terrore: l'Ariano scoppiò a piangere rannicchiato, e il suo pianto era accompagnato dai funerei guaiti dell'intelligentissimo puma, che aveva immediatamente percepito il suo dolore infinito grazie ai raffinatissimi sensi istintivi di cui certi animali, es. i cani, sono provvisti.
"Qui..." mormorò. "
Figlio mio..."
[Modificato da rensel 27/01/2008 01:32]